Pioggia di condanne sui clan di Reggio Sud: il gup cala la scure sulla cosca Borghetto-Latella

Una sola assoluzione nel processo Garden celebratosi con rito abbreviato. Le contestazioni della Dda: associazione mafiosa, estorsioni, armi e droga

Reggio Calabria, rioni Modena-Ciccarello e San Giorgio Extra. Quartieri di periferia che da decenni vivono tra la normalità del quotidiano e l’ombra lunga della ’ndrangheta. In questa cornice si inserisce il processo “Garden”, una delle inchieste più vaste e simboliche degli ultimi anni, che ha fatto luce sugli affari, le gerarchie e le ambizioni della cosca “Borghetto-Latella”.

Giudizio abbreviato

Giudizio abbreviato

Il gup Francesco Mesto, nel giudizio abbreviato, ha calato la scure: ventitré condanne e una sola assoluzione – quella di Domenica Fortunata Serpa per “particolare tenuità del fatto”. Una sentenza che segue in pieno le richieste dei magistrati antimafia Walter Ignazitto e Nicola De Caria e che rappresenta un colpo pesantissimo alla storica consorteria.

Vent’anni per le figure apicali

I numeri parlano da soli. Vent’anni ciascuno a Cosimo Borghetto, Eugenio Borghetto, Antonino Idotta, Paolo Latella, Angelo Latella, Davide Berlingeri e Carmelo Rocco Iaria. Diciotto anni per Fabio Pennestrì. Condanne a doppia cifra anche per Giorgio Matteo Perla (14 anni), Antonino Familiari (14), Giovanbattista Mento (14), Giovanni Cacopardo (14), Bruno Iaria (14), Nicola Danilo Polimeno (14), Francesco Ferrante (13), Francesco Saraceno (12), Armando Catanzariti (16), Maurizio Filocamo (6), Vincenzo Malaspina (5), Francesco Bevilacqua (4), Felice Melchionna (4 anni e 8 mesi), Pasquale Giulio Fumante (3).

Estorsioni e droga

Tra le contestazioni mosse dalla Dda – oltre all’associazione mafiosa – figurano estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, spaccio e traffico di stupefacenti, usura e persino l’ambizioso progetto dei fratelli Borghetto di scalare le gerarchie delle ’ndrine di Reggio “centro”. Un mosaico criminale che fotografa il tentativo di espansione dei clan del Sud verso il cuore della città.

Una mazzata giudiziaria

Secondo l’accusa, le mani del clan si allungavano fino alla gestione delle piazze di spaccio, alle estorsioni nei cantieri, al controllo dei quartieri popolari. Le stesse zone – Marconi, Ciccarello – in cui i nomadi della comunità di Reggio Sud venivano utilizzati come braccio operativo per alimentare traffici e intimidazioni. Una mazzata giudiziaria che oggi segna un punto nella lotta dello Stato contro le cosche ma che racconta anche di un tessuto urbano ancora vulnerabile, in cui il confine tra vita quotidiana e dominio mafioso resta sottile.

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