Pronto soccorso calabresi al collasso, il peso di un sistema senza rete territoriale

Ospedali sovraccarichi, personale stremato e reparti di emergenza trasformati in punto di accesso universale alle cure. Un’analisi della crisi sanitaria calabrese mette al centro la carenza di servizi territoriali e l’aumento degli accessi impropri

Entrare oggi in un ospedale calabrese significa incrociare, prima ancora delle corsie e delle barelle, lo sguardo affaticato di medici e infermieri. Occhi segnati dalla stanchezza e dalla frustrazione di chi lavora in prima linea in un sistema che appare sempre più in affanno, incapace di garantire risposte adeguate e tempestive. Una fotografia impietosa della sanità regionale, tracciata anche dalla Gazzetta del Sud, che racconta di servizi assistenziali diventati, di fatto, una sorta di lotteria.

Entrare oggi in un ospedale calabrese significa incrociare, prima ancora delle corsie e delle barelle, lo sguardo affaticato di medici e infermieri. Occhi segnati dalla stanchezza e dalla frustrazione di chi lavora in prima linea in un sistema che appare sempre più in affanno, incapace di garantire risposte adeguate e tempestive. Una fotografia impietosa della sanità regionale, tracciata anche dalla Gazzetta del Sud, che racconta di servizi assistenziali diventati, di fatto, una sorta di lotteria.

La situazione si fa ancora più critica nei Pronto soccorso, ormai schiacciati tra una domanda di cure in costante aumento e una carenza strutturale di risorse. Nati per affrontare le emergenze più gravi, i Dea calabresi si sono trasformati nel punto di approdo obbligato per qualsiasi bisogno sanitario, anche per quelli che potrebbero essere gestiti altrove, se solo esistesse una rete territoriale efficiente. 

Mancanza di presìdi

Secondo quanto evidenziato dal quotidiano, alla base del caos c’è proprio l’assenza di presìdi sanitari sul territorio. La mancanza di strutture filtro, come le Case e gli Ospedali di Comunità, e la cronica chiusura delle guardie mediche, soprattutto nelle aree interne, costringono i cittadini a rivolgersi agli ospedali per ogni necessità. Il risultato è un sovraffollamento costante delle prime linee, diventate l’ultimo e inevitabile rifugio anche per chi non presenta condizioni di reale emergenza.

Nei corridoi dei Pronto soccorso la sofferenza è palpabile. Pazienti in attesa per ore, corsie ridotte a pochi posti letto e un’assistenza sempre più sotto pressione descrivono una quotidianità al limite. L’influenza stagionale ha ulteriormente aggravato un quadro già compromesso: febbre alta, tosse e complicazioni respiratorie si sommano alle patologie croniche, alimentando un flusso continuo di accessi.

Una delle problematiche

In assenza di alternative sul territorio, il fenomeno degli “accessi impropri” continua a rappresentare una delle principali criticità dei Dea calabresi. Una piaga storica che, come sottolinea La Gazzetta del Sud, non è frutto di cattive abitudini dei cittadini, ma la conseguenza diretta di un sistema sanitario che fatica a garantire risposte di base fuori dagli ospedali.

Un quadro che restituisce l’immagine di una sanità in sofferenza, dove l’emergenza è diventata normalità e dove la tenuta del sistema poggia sempre più sul sacrificio quotidiano di chi lavora nei reparti, in attesa di riforme strutturali capaci di ricostruire una vera assistenza territoriale.

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