Se, durante le vostre passeggiate vibonesi, dovesse capitarvi di imbattervi in qualche scolaresca di adolescenti intenti a godere le tracce archeologiche e architettoniche non cancellate dal tempo, sappiate che quasi sicuramente al loro timone troverete una docente intimamente dedita alle belle lettere e infaticabile nel corpo e nello spirito.
Il suo nome è ben noto nelle comunità di studiose e studiosi cui appartiene: epigrafista, dantista e scrittrice, ha persino ottenuto l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. È un orgoglio tutto vibonese la professoressa Maria Concetta Preta, insegnante di Lettere presso il quadricentenario Liceo Classico Michele Morelli. Alle scuole italiane di oggi e a chi le dirige piace sempre più spesso riempirsi la bocca di vuoti paroloni che tanto sanno di ideologia e ben poco di concretezza, ma non mancano squillanti casi isolati di lavoratrici e lavoratori dediti con passione e abnegazione alla sapiente guida delle giovani generazioni. Va benissimo studiare fra i banchi il Latino e il Greco, ma è da casa propria che bisogna partire, specie se si è discendenti diretti della Magna Grecia! Ed è così che, per attuare il progetto di ‘Cittadinanza e Costituzione’, martedì 30 aprile ha accompagnato ragazze e ragazzi di primo superiore alla nuova mostra I prati di Kore. Storie di antiche donne “vibonesi”, visitabile al Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia fino al prossimo anno.
Il suo nome è ben noto nelle comunità di studiose e studiosi cui appartiene: epigrafista, dantista e scrittrice, ha persino ottenuto l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica. È un orgoglio tutto vibonese la professoressa Maria Concetta Preta, insegnante di Lettere presso il quadricentenario Liceo Classico Michele Morelli. Alle scuole italiane di oggi e a chi le dirige piace sempre più spesso riempirsi la bocca di vuoti paroloni che tanto sanno di ideologia e ben poco di concretezza, ma non mancano squillanti casi isolati di lavoratrici e lavoratori dediti con passione e abnegazione alla sapiente guida delle giovani generazioni. Va benissimo studiare fra i banchi il Latino e il Greco, ma è da casa propria che bisogna partire, specie se si è discendenti diretti della Magna Grecia! Ed è così che, per attuare il progetto di ‘Cittadinanza e Costituzione’, martedì 30 aprile ha accompagnato ragazze e ragazzi di primo superiore alla nuova mostra I prati di Kore. Storie di antiche donne “vibonesi”, visitabile al Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia fino al prossimo anno.
Il percorso si è avviato con un excursus sulla vicenda storica del Castello svevo-normanno, riattraversata ammirando dall’esterno le mura fortificate. Ruggero il Normanno, autore della prima torre speronata e disperato protagonista di tetre leggende popolari, fu anche colui che fece trasferire la cattedra episcopale dall’allora Vibona all’allora Mileto, sottraendo per sempre alla nostra terra un privilegio quasi naturale. Forse non fu un caso se il terremoto del 1783 distrusse proprio Mileto, lasciando intatta la torre nostrana. Di fronte al maniero voluto dallo stupor mundi Federico II di Svevia per ridare vita al borgo, Titti Preta ha declamato i versi autografi de La ballata di Diana Recco, intrattenendo il pubblico con una leggenda che sa trasmettere in sordina verità inconfessabili dalle cronache ufficiali: quello dei napoletani Pignatelli fu un infeudamento coatto contro la povera gente di Monteleone, eroicamente rappresentata da sette martiri trucidati ed esposti a mo’ di monito.
Giunto così il momento dedicato all’esposizione temporanea, si è scoperto che lo storico Strabone riteneva essere Hipponion la città in cui la fanciulla Kore fu rapita dallo zio Ade. Sconvolgente apprendere che lo scenario principe dell’annuale rinnovamento primaverile, simboleggiato dall’imperitura mitologia classica, è da millenni questo tanto bistrattato borgo del Sud. Rinomata in Antichità, Hipponion, per il rigoglìo della vegetazione e la fertilità dei terreni. Ce li immaginiamo i suoi prati, quando il rinascere della natura si esprimeva in mille colori e mille profumi, tra fiori sbocciati e alberi rinverditi. Quei Greci insediatisi sulle coste, lasciando l’entroterra ai nativi Bruzi, avevano riversato nella fantasia dei racconti un riscatto femminile immaginato e mai realizzato. Ce lo testimonia la selvatica Artemide all’ingresso, polemicamente vestita di un chitone medio e non lungo. O il busto della cosiddetta Messalina, modellato nella lucente roccia che gli Egizi riservavano alle statue più importanti.
I volti delle e degli studenti non mentivano. Tutti intenti a non perdersi nulla, pendendo dalle parole della docente: chi prendeva appunti, chi registrava la voce, chi scattava foto e chi incalzava con le domande. Insegnamento esperienziale e apprendimento partecipato fanno la didattica attiva.