Dopo la pubblicazione del DCA n. 181 del 27 marzo scorso, relativo al Riparto del Fondo Sanitario Regionale per l’anno 2024, arriva un grido d’allarme forte e chiaro da parte dell’Osservatorio Civico Città Attiva e del Comitato San Bruno.
“Chiediamo un immediato incontro con la Commissione Straordinaria dell’Asp – affermano i promotori – a cui è stato affidato il compito di risollevare le sorti della sanità vibonese. Ma è ormai evidente che i numeri del riparto facciano chiaramente intendere che si stia andando in tutt’altra direzione. La Commissione, infatti, non è stata in grado in alcun modo di incidere su scelte determinanti per garantire il diritto alla salute nella provincia di Vibo Valentia”.
Parole dure, che si fanno ancora più incisive: “Abbiamo il fondato timore che si stia correndo il rischio di assestare il colpo di grazia a una sanità vibonese ormai moribonda. Anche perché, al momento, non abbiamo notizie in merito a grandi cambiamenti o a incisive operazioni di “epurazione”. Permane quindi il dubbio che lo scioglimento dell’Asp non fosse affatto la cura necessaria da prescrivere”.
Alla luce del DCA appena pubblicato, l’Osservatorio e il Comitato considerano “urgente e non procrastinabile” un confronto con l’ingegner Giuseppe Miserendino, direttore generale di Azienda Zero, ente che ha il compito di integrare ed efficientare la gestione dei servizi sanitari, socio-sanitari e tecnico-amministrativi del sistema sanitario calabrese.
“Ma come può Azienda Zero integrare ed efficientare i servizi nel nostro territorio – incalzano – se l’Asp di Vibo Valentia continua a subire forti penalizzazioni in sede di riparto?”. Non solo: viene richiesta la presenza all’incontro anche dell’attuale direttore amministrativo dell’Asp di Vibo Valentia, Sestito, che ha sottoscritto il DCA n. 181.
Le somme
Il punto centrale della protesta è una cifra, anzi più cifre, che mettono in luce una spaventosa disuguaglianza: “Come può conciliarsi il principio costituzionale sancito dall’articolo 32 della Costituzione – che riconosce a tutti i cittadini il diritto alla salute – con un riparto che assegna pro-capite: 3.912,47 euro ai cosentini; 2.452,01 euro ai crotonesi; 2.346,31 euro ai catanzaresi; 2.112,03 euro ai reggini e solamente 1.997,34 euro ai vibonesi?”.
“È inconcepibile – proseguono – che un vibonese riceva 2.000 euro in meno rispetto a un cosentino per potersi curare. Così com’è inaccettabile che tra Crotone e Vibo, entrambi ospedali Spoke e con popolazioni simili, ci sia una differenza pro-capite di circa 500 euro, che si traduce in 96 milioni di euro in meno per il diritto alla salute dei cittadini vibonesi”.
I servizi
La denuncia tocca anche la drammatica realtà dei servizi: “Se i posti letto nel Vibonese sono insufficienti, e i servizi sanitari disponibili non sono in grado di coprire il fabbisogno, e se le prestazioni offerte – anche in quanto ospedale Spoke – sono enormemente ridotte, pure a causa dei forti tagli subiti nel corso degli anni, è naturale che la gente sia costretta a spostarsi per curarsi. La mobilità infraregionale diventa una scelta obbligata per andare alla ricerca di quel diritto alle cure che qui non viene garantito”.
Un punto che, secondo i promotori, dovrebbe far riflettere in senso opposto: “Tutto ciò dovrebbe indurre ad incrementare le risorse da destinare a Vibo, per offrire servizi maggiori e più efficienti sul territorio, non a tagliarle ulteriormente, peggiorando ancora di più una situazione già profondamente drammatica”.
La riflessione
Il comunicato si chiude con una riflessione amara, ma precisa: “Non c’è nulla di più incostituzionale dell’applicazione della spesa storica, quando si tratta di diritti essenziali di assistenza, che devono essere garantiti a tutti in ugual misura, a parità di tasse. Perché non si può essere uguali nei doveri e diversi nei diritti. L’art. 3 della Costituzione non prevede cittadini di serie A e di serie B”.
E infine la domanda che inchioda alle proprie responsabilità tutte le istituzioni e la classe dirigente: “Vogliamo capire a questo punto qual è il meraviglioso destino che hanno immaginato per noi coloro che, assegnando una cifra così bassa a un territorio già fortemente penalizzato in termini di posti letto e personale, hanno confermato, ancora una volta, che la nostra vita e quella dei nostri figli vale meno di quella degli altri”.
Un’accusa diretta anche alla politica: “Sulle gravi responsabilità della classe politica vibonese, di maggioranza e di opposizione, riteniamo non sia necessario aggiungere nulla: i numeri parlano chiaro”.