Salvare Vibo dai pericoli di restyling? Solo ritrovando il gusto del bello!

L'analisi dell'architetto vibonese richiama il grande Raffaello: invitava al rispetto delle pietre antiche, evitandone l'asportazione

Il progettista o meglio l’architetto, per quel che concerne ogni tipo di ristrutturazione e ancor più di restauro urbanistico o architettonico, è come un sarto, taglia e cuce sulle fattezze del corpo a cui deve confezionare l’abito richiesto, mimetizzando i suoi limiti fisici e valorizzando i suoi pregi. I fattori che compongono il suo lavoro, le regole a cui è subordinato, non sono tuttavia “fatti privati “. Il “bello” in architettura non è un fatto privato, come lo è se interessa casa propria che si può anche decidere di demolire o oltraggiare se non è vincolata e tutelata.

Il gusto del bello

Il gusto del bello

La bellezza che esprime un borgo antico è il prodotto degli interventi stratificati ad opera di più personalità appartenenti a periodi storici diversi, ma armonicamente conviventi, col risultato assai gradevole che dovrebbe essere mantenuto sempre. Dunque, esiste eccome, il gusto per il bello e piacerebbe a tutti ritrovarlo oggi in chi anche, solo, sceglie la nuova illuminazione di una piazza o di una via o la pavimentazione che andrà a sostituire il nastro d’asfalto di una strada del centro storico. E a decretare se l’opera è stata eseguita col gusto appropriato che si conviene, è il fruitore a stabilirlo, cioè il cittadino, a cui come sempre, va l’ultima parola.

Un filo che unisce

È ottimismo esagerato, per usare un eufemismo, quello di chi difende ad oltranza le scelte effettuate sul restyling di un pezzetto di città quando un insieme di persone che quel pezzetto lo vivono, non le condividono e non le comprendono. Se poi i pezzetti son più di uno e tutti cervellotici, non si tratta solo di catalogare il piacere che si prova a viverli, ma di cercare di afferrarne il senso, teso che un senso deve pur averlo il filo che li unisce.

Demolizioni a piacimento

Pnrr e fondi comunitari sembrerebbero siano stati i collegamenti tra tutti i cantieri che hanno rivoltato la nostra città, ma noi romperemmo, solo per ricomporli, i muri di casa nostra pur di spendere una somma promessa? E comunque, certamente, non lo faremmo peggiorandone la funzione e l’aspetto. Qui sta il punto, ad usare i soldi pubblici si pensa purtroppo spesso, che non siano i nostri. Come si può altrimenti spiegare la demolizione di qualcosa già rifatta per ricomporla con materiali più scadenti e senza che vi fosse l’obiettivo di un utile per la città?

Il grande Raffaello

La teoria del restauro urbanistico o architettonico è una disciplina poliedrica che esige una solida conoscenza della storia dell’architettura che includa la storia dell’arte, una appropriata preparazione tecnica  e l’acquisizione del pensiero, nato con la lettera di Raffaello a Papa Leone X, in cui il grande artista invitava al rispetto delle pietre delle antiche costruzioni, evitandone l’asportazione e magari il riutilizzo. “Il popolo”, come avviene spesso ormai, dimostra la lucidità d’opinione e d’idee che, come il magma del vulcano che ribolle al di sotto della crosta terrestre, cerca la fessura per erompere con lo sdegno che non è una laurea a certificare, piuttosto la logica e l’esperienza del vissuto.

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