“Ho stretto la mano a Saviano in aula e lui mi ha detto ‘vergognati’. È un maleducato, ma non è certo un reato”. È quanto ha affermato il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini a margine dell’udienza del processo che vede imputato lo scrittore Roberto Saviano per l’accusa di diffamazione. Salvini querelò l’autore di Gomorra per alcuni post pubblicati nel 2018 in uno dei quali lo definiva “il ministro della malavita”.
“Io non ce l’ho con lui. Se qualcuno mi dà del mafioso o amico della ‘ndrangheta non è normale: non è normale per un ministro, per un padre, per un cittadino. Noi i clan li abbiamo combattuti”, ha aggiunto. “Ho ritenuto i post offensivi da ministro, da cittadino, da segretario di partito. Sono abituato alla critica politica ma espressioni come ‘amico della ‘ndrangheta’ e ‘ministro della mala vita’ non lo sono: si voleva far riferimento a una contiguità alla ‘ndrangheta che a me fa orrore”, ha affermato Salvini davanti al giudice. Salvini ha esordito affermando di volere procedere con la querela. “La mia priorità è stata la lotta alla mafia – ha aggiunto -. Mi sono riletto i post essendo passati tanti anni: allora ero ministro dell’Interno da pochi giorni e furono gli organismi del ministero e io stesso a imbattermi in questi post. Post che hanno avuto una ampia diffusione essendo Saviano seguito da milioni di persone. Espressioni pesanti e infondate”.
Sulla polemica relativa alle scorte, il ministro ha aggiunto che, “come l’imputato, vivo sotto scorta da anni, non lo ritengo un privilegio. Da ministro non ho fatto nulla di lesivo contro Saviano”. (ansa)