Sanità a pezzi, Consoli: non giriamoci attorno, tutta colpa della mala politica

L'ex primario di Neurologia prende atto dello stato di emergenza in cui si trova l'ospedale Jazzolino e punta l'indice contro chi detta le regole

Un’opinione personale, certamente, ma non di uno qualunque perché Domenico Consoli nel mondo della sanità ci vive da una vita. Prima da primario del reparto di Neurologia dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia e oggi come libero specialista. Le polemiche di questi giorni lo hanno toccato e non poco al punto da rompere gli indugi e intervenire. Ecco quanto scrive:
“Non è ulteriormente tollerabile sentire sulla sanità tante, troppe parole in libertà, come se i cittadini vibonesi circolassero con l’anello al naso. In un clima di estrema confusione, i censori di turno o i soloni onniscenti avanzano ipotesi e conclusioni assolutamente inconsistenti e contraddittorie. Bene ha fatto il Signor Prefetto ad utilizzare come deterrente l’esercito davanti alla struttura ospedaliera cittadina, a tutela ed a difesa delle classi medica e paramedica, spesso vittime innocenti di una governance approssimativa della sanità pubblica. Fare come gli struzzi, nascondendo occhi e cervello nella sabbia o spingendo la polvere sotto il tappeto, non serve. I problemi non si risolvono nascondendoli. A nulla vale cercare di dare una interpretazione paternalistica e protettiva che rimane un’interpretazione e non una più consona denuncia ed una più opportuna difesa reale della popolazione”.

La mala politica

La mala politica

“La dinamica delle relazioni sociali tra una sanità pubblica che eroga servizi, nonostante le altissime professionalità presenti, in una – governance – sostenibile della sanità, a fronte di drammatici diritti alla salute, ahimè talvolta denegati o “dilazionati”, esplode spesso in atti di mai accettabile violenza. E la violenza è figlia sicuramente di una mancata inibizione di impulsi di aggressività a fronte di bisogni talora gestiti sulla base della logistica sostenibile, tal’altra su quella di domande ospedaliere esponenzialmente crescenti per mancata razionalizzazione della governance della sanità territoriale. Ma è sicuramente più figlia di una mala politica che ha radici profonde, antiche e recenti, che annidano nel mancato adempimento ad una serie di decreti regionali in linea con disposizioni nazionali. Vuoi per carenza, di volta in volta, determinate da eseguità di risorse che riverberano sui inadeguatezze logistiche e organizzative e quindi di scarsa produttività. Ne è conseguito che ai ricchi si dava sempre di più ed i poveri si levava sempre anche il poco. Ma questo processo è durato anni e con responsabilità – bipartisan -. Il comune denominatore è stato l’avere affidato talora la – governance – a fedeltà politiche più che ad esaltanti – expertise – gestorie, a cui badava la quadratura dei numeri più che l’erogazione dei servizi. Così le dotazioni di risorse si sono sempre più assottigliate, sino a diventare non più capaci di affrontare guerre atomiche con pistole ad acqua”.

La presenza dello Stato

“Le cause di tanta sofferenza, che talvolta esplode in un’ingiustificata violenza, vanno ricercate in ambiti non lontani dalla politica. A nulla vale annacquare o malcelare una responsabile azione della massima presenza dello Stato – in loco – in una decisione che ha il sapore di ricorrere ad un deterrente per evitare il peggio. L’indirizzo dell’attenzione collettiva non va orientato sull’avamposto, sulla trincea di chi combatte la guerra nel servizio di una sanità sostenibile ma verso una politica potente nell’espressione delle determinazioni possibili, ostinata nell’autoconservazione, inadeguata o non adeguatamente sensibile verso i bisogni collettivi. Individuate le cause, cosa fare ? A tale politica non si risponde certamente con la violenza, ma si può contrastarla e punirla con i liberi strumenti democratici in tempi e con modalità adeguate.

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