Sanità vibonese in ginocchio. Si segue con fiducia l’operato di triade commissariale e parti sociali

L'ennesima bastonata della Regione mette a rischio l'intera rete sanitaria, ma non esclude possibili defaillances del management Asp. L'inversione di tendenza un passo obbligato

Rete sanitaria verso il collasso. Le Regione blocca assunzioni e stabilizzazione di circa 70 precari anti Covid, i sindacati minacciano fuoco e fiamme, la politica medita, la cittadinanza trema. A bocce ferme, l’impressione è che i competenti uffici dell’Asp non abbiano valutato al meglio le conseguenze del loro scelte riorganizzative conseguenti al calo di produttività e che la Regione sia stata indotta a infliggere all’Asp vibonese l’ennesima scoppola. In tutto questo, naturalmente, ci sono, probabilmente, delle responsabilità a 360 gradi che coinvolgono management aziendale, uffici e gli stessi sindacati che, pur essendo quasi certamente a conoscenza della riprogrammazione operata da uffici Welfare e Risorse umane dell’Asp, non si sono mossi con la necessaria incisività. Ora, di certo, la partita diventa dura e, per indurre la Regione a cambiare decisione, non può bastare il solito confronto con Crotone la cui Asp non avrebbe incontrato ostacoli nelle stabilizzazioni e nel reclutamento di nuovo personale. Magari anche perché, a quelle latitudini, calo di produttività non pare ce ne sia stato.

Riflettori accesi sulla governance Asp

Riflettori accesi sulla governance Asp

Per certo, il caos di queste ore, tutto sommato, riaccende i riflettori sul quello che è il sistema di governance nell’Asp vibonese oggi affidata alla gestione di una terna commissariale prefettizia sulla quale si poggia l’attenzione di utenza e cittadini per capire come si muoverà per affrontare la situazione esuberi e stabilizzazioni. E’ chiaro che il lavoro che attende i commissari fa tremar le vene e i polsi, ma gli stessi hanno alle spalle vasta esperienza e in diciotto mesi qualcosa di concreto per invertire il trend traballante dell’Azienda, la possono e la devono fare. Magari, partendo dal ricorrente interrogativo che utenza e cittadini si pongono quotidianamente: può un’azienda che ha a libro paga 1416 dipendenti non offrire risposte adeguate alle esigenze dei cittadini?

Triade commissariale e analisi dell’esistente

Il primo compito della commissione, quindi, stabilizzazioni e nuovi reclutamenti a parte, è quello di procedere ad un’analisi attenta dell’organico e dell’impiego del personale, magari provando a premiare i meriti e non le coperture politiche oppure procedendo alla rotazione degli incarichi soprattutto in uffici e settori il cui operato è stato già passato al vaglio dall’autorità giudiziaria. Ci sono, tra l’altro, tanti medici chiamati a ricoprire incarichi dirigenziali pur non avendone le competenze. Non sarebbe meglio continuare a lasciarli operare nel loro ambito e destinare il compito di gestire uffici o settori a personale amministrativo dotato di titoli che, per certo, saprebbe come muoversi tra i meandri della legislazione medica? Si spenderebbe di meno e si avrebbero risultati migliori.

A ruota libera

Secondo punto. Molti diritti continuano ad essere negati non solo sulla scorta di condizionamenti esterni, ma anche per colpa di una conclamata tendenza a gestire il proprio mandato con la massima discrezionalità. Una mentalità questa tanto nociva quanto diffusa e che nessuno ha mai provato ad arginare. Alla fine della fiera, ognuno fa quello che vuole. Succede così che procedimenti amministrativi da chiudere in pochi giorni restino aperti per mesi o anni e che il diritto alla salute venga considerato un optional. Ciò significa che il territorio vibonese manca di equità nell’accesso alle cure, di una adeguata distribuzione di servizi e tecnologie, di innovazione nei processi, di supporti socio-sanitari alle fasce più deboli. Non a caso sono del tutto carenti i Lea tanto dell’area preventiva (screening oncologici, tumori mammella, utero, colon, ecc.) che di quella distrettuale, che vede gli anziani abbandonati a se stessi. Tutte queste disfunzioni provocano una mobilità passiva che costringe l’Asp ad un esborso di 60 milioni l’anno.

Condannati a morire

Terzo punto. Il territorio viene condannato a soffrire per mancanza di servizi. Senza alcun valido motivo, non vengono, infatti, contrattualizzati modelli di Riabilitazione estensiva a ciclo continuativo (Recc) e di Rsa già autorizzati e accreditati con la conseguenza che cittadini aventi diritto sono costretti a pagarsi le cure di degenza sino a quando il bilancio familiare lo consente, poi sono condannati a morire in virtù di un diritto delittuosamente loro negato. La discontinuità assistenziale generata proprio dalla mancata attivazione di posti di degenza accreditati induce, tra l’altro, l’aumento di eventi cardiaci (+6%), di casi di mortalità entro un anno dall’infarto (+12%) o dall’ictus (+26%). Quarto punto. Il Pnrr ha finanziato per l’area del Vibonese l’attivazione di due Centrali operative territoriali (Cot di Nicotera e Pizzo) per consentire la continuità assistenziale ospedale-territorio. Ossia, l’ospedale per acuti trasferisce alle Cot le richieste di ricovero territoriali che dovrebbero essere assegnate a ospedali di comunità e strutture di Riabilitazione estensiva ed Rsa medicalizzata. Strutture che nel Vibonese mancano perché gli ospedali di comunità di Tropea e Soriano sono di là da venire e i posti di Recc e di Rsa medicalizzata non sono stati contrattualizzati. Il ruolo delle Cot, di conseguenza, diventa ininfluente. Lecito, a questo punto, chiedersi: perché succede tutto questo nel Vibonese?

La miopia di Regione e commissario ad acta

La risposta, sulla scorta dei fattori già evidenziati, arriva da sola. Il management aziendale dovrebbe essere nelle condizioni di produrre innovazione e ideare azioni di miglioramenLa provocazioneto dei servizi per migliorare l’offerta sanitaria. Nulla di tutto questo. Chi, infatti, si muove nella stanza dei bottoni gode di coperture politiche che lo “autorizzano” ad operare in piena discrezionalità e lo allontanano dalla preoccupazione di raggiungere obiettivi migliorativi e risultati concreti. Si limita, pertanto, alla gestione del quotidiano, e spesso manco a quella, e lascia che sia la politica, coi suoi tempi biblici, a dettare tempi e ritmi strategici per migliorare la qualità dell’offerta sanitaria. A tutto ciò si aggiunga la miopia della Regione e del Commissario ad acta per la Sanità, che sembrano marciare in piena sintonia, e non potrebbe essere diversamente, per annullare l’azione di governance dell’Asp infliggendole, tra il 2022 e il 2024, drastici tagli di risorse del fondo indistinto per circa 32 milioni di euro. Per la struttura commissariale regionale, l’Asp di Vibo sembra sia diventata una sorta di salvadanaio dal quale prelevare continuamente risorse per sanare i guai di altre realtà.

La provocazione

Ordine dei Medici, Associazioni di categoria, Sindacati, Conferenza dei Sindaci, forze politiche e cittadini tutti, sono chiamati a riappropriarsi del proprio ruolo di verifica e vigilanza per cercare di ridare dignità al territorio vibonese. La terna commissariale prefettizia, da parte sua, deve impegnarsi per riportare nell’alveo dell’Asp gestione corrente e funzione strategica, sottraendola al circuito della rappresentatività e responsabilità politica. Perdurando l’incapacità di fare governance, l’Asp vibonese non avrebbe più motivo di esistere. Provocatoriamente, sarebbe meglio smantellarla e appoggiarsi ad altre strutture ponendo fine a privilegi e negatività. Peccato che, se Vibo piange, in giro non è che ci sia chi possa ridere tanto!

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