Sospetto tumore e trafila sanitaria, poi la beffa del rimborso negato per un timbro

Maria Consolazione Condò, di Dasà, si sottopone a una Tac per presunto cancro ovarico. Dopo il cambio di indicazione clinica, il marito chiede il rimborso del ticket già pagato, ma l’Asp di Vibo lo nega

Sospetto tumore alle ovaie per una donna residente a Dasà, in seguito a visita specialistica presso un noto ginecologo operante a Catanzaro. La diagnosi è dubbia e richiede ulteriori analisi. Viene prescritta una Tac completa all’addome con mezzo di contrasto, puntualmente prescritta dal medico curante. È il preambolo di quanto accaduto a Maria Consolazione Condò (meglio nota come Mariuccia) e, per riflesso, al marito, Giovanni Scaturchio, che hanno eseguito alla lettera quanto è stato stabilito, pagando il ticket (46 euro) per l’esame indicato.

Fatto sta che, recatisi all’ospedale “Jazzolino” di Vibo per eseguirlo, il dirigente medico del settore lo ha ritenuto inopportuno, in quanto sarebbe stato utile semplicemente fare una Tac alle ovaie, senza mezzo di contrasto. Consiglio seguito (con la spesa di ulteriori 46 euro di ticket), come quello di avviare una semplice pratica per il rimborso dell’esame ingiustamente pagato precedentemente, presso il preposto ufficio alla sede di Serra San Bruno.

Fatto sta che, recatisi all’ospedale “Jazzolino” di Vibo per eseguirlo, il dirigente medico del settore lo ha ritenuto inopportuno, in quanto sarebbe stato utile semplicemente fare una Tac alle ovaie, senza mezzo di contrasto. Consiglio seguito (con la spesa di ulteriori 46 euro di ticket), come quello di avviare una semplice pratica per il rimborso dell’esame ingiustamente pagato precedentemente, presso il preposto ufficio alla sede di Serra San Bruno.

Operazione compiuta il 18 marzo 2024, con numero di protocollo 0016235, senza che venissero obiettate anomalie. Il rimborso però non arrivava e il signor Giovanni si è recato a chiedere delucidazioni. La risposta: l’esame non è rimborsabile perché manca un timbro. “Ciò – ha riferito Giovanni Scaturchio – è stato obiettato dalla responsabile, dottoressa Maria Dolores Passante, senza che in un anno e mezzo alcuno mi abbia avvisato di niente, in modo da poter ovviare per tempo e correggere eventuali anomalie”. Tra l’altro – aggiunge Scaturchio – sono stato trattato malissimo dalla dirigente, che, se non bastasse, mi ha accusato di aver firmato di mia penna il documento. Circostanza – l’appunto – che non deve nemmeno essere presa in considerazione”.

Unica direzione

La conclusione porta verso un’unica direzione: occorre maggiore organizzazione e un po’ più di cordialità, vista anche l’esiguità della somma. A conti fatti si tratta prevalentemente di una questione di principio, per una vicenda che avrebbe potuto essere risolta con semplicità e disponibilità. E anche con più “umiltà”, senza polemiche assurde che non fanno altro che indispettire l’utenza.

In conclusione, esplicitando che il tutto, per fortuna, è andato per il verso giusto (i sospetti sulla patologia sono stati scongiurati), Scaturchio si rivolge al commissario straordinario alla sanità vibonese, Vittorio Piscitelli, chiedendo: “È normale, tollerabile e ammissibile una circostanza del genere?”. Al commissario l’ardua sentenza. Altrimenti demandata ai “soliti posteri”. (foto web)

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