Ogni anno, tradizionalmente nel mese di novembre, le persone più sensibili sono spinte da un imperativo morale interiore a farsi latrici di prodotti sussistenziali per famiglie e individui indigenti. Qualche bene di prima necessità sottratto al proprio godimento, in favore di un prossimo che non può farne a meno.
Nel 1989 quattro amici, avendo sentito parlare di una struttura spagnola che a Barcellona gestiva la distribuzione di alimenti e bevande, pensarono di replicarne l’esperienza anche in Italia, costituendo ufficialmente la Fondazione Banco Alimentare. In realtà già quella barcellonese era la traduzione iberica di un’altra attività, questa volta statunitense, operante in Arizona verso la fine degli anni Sessanta. Sin dal 1990 la Fondazione nostrana entrò a far parte della Federazione Europea dei Banchi Alimentari e sette anni più in là si inaugurò la prima edizione della ‘Giornata Nazionale della Colletta Alimentare’, senza paragone nello Stivale.
Nel 1989 quattro amici, avendo sentito parlare di una struttura spagnola che a Barcellona gestiva la distribuzione di alimenti e bevande, pensarono di replicarne l’esperienza anche in Italia, costituendo ufficialmente la Fondazione Banco Alimentare. In realtà già quella barcellonese era la traduzione iberica di un’altra attività, questa volta statunitense, operante in Arizona verso la fine degli anni Sessanta. Sin dal 1990 la Fondazione nostrana entrò a far parte della Federazione Europea dei Banchi Alimentari e sette anni più in là si inaugurò la prima edizione della ‘Giornata Nazionale della Colletta Alimentare’, senza paragone nello Stivale.
Oggi il Banco Alimentare comprende ventuno organizzazioni sull’intero territorio italiano, allo scopo di attenuare per quanto possibile le aporie mai risolte della fame, dell’emarginazione e della povertà, combattendo lo spreco alimentare. Numerosi sono i canali di approvvigionamento delle derrate: l’industria del cibo, le donazioni previste dagli accordi europei, la grande distribuzione, la ristorazione e i mercati ortofrutticoli.
A essi viene ad addizionarsi esattamente la Colletta Alimentare, con 11.600 supermercati che hanno aderito per il 2024; all’utenza si richiede la disponibilità ad acquistare olio, verdure e legumi in scatola, conserve di pomodoro, tonno e carne in scatola, generi per l’infanzia.
Lo spunto iniziale giunse nel 1995, quando durante una riunione a Parigi alcuni esponenti del Banco vennero a sapere di una colletta francese annuale in grado di trasmutare i “templi del consumo” in luoghi di solidarietà. Il periodo prescelto dai cugini d’Oltralpe non era una casualità, e fu ripreso anche al di qua delle Alpi: a poche settimane dal Natale, pare che il valore dell’humanitas sia maggiormente diffuso per le strade, e di sicuro l’iniziativa costituisce una integrazione rispetto agli aiuti già forniti nei mesi precedenti.
La benevolenza è un moltiplicatore, giacché chi ne è coinvolto si percepisce in debito di restituire altrettanto. Sarà per tale motivo che l’incontro di mercoledì 30 ottobre, organizzato dal Banco Alimentare di Vibo Valentia presso ‘Il Salottino’ – spazio, in Via Casalello 9, messo sempre a disposizione gratuitamente da Domenico Grillo per l’Associazione Socio-Culturale Vibo Valentia Città antica-Storia e società – , ha visto una nutritissima partecipazione con una copiosa predominanza delle e dei volontari. ‘La Storia del Banco Alimentare e finalità’ ha avuto quale relatore Antonello Murone, responsabile provinciale, e infine è intervenuta la collaboratrice Patrizia Mastroianni, docente.
La provincia, in cui i supermarket aderenti sono trentadue, con il progetto scolastico ‘Giovani: la scommessa della solidarietà’ è stata precursora a livello nazionale: coinvolgere le nuove generazioni nella galassia del volontariato è più che fattibile, e lo si vede da come le ragazze e i ragazzi, preparati da apposite riunioni propedeutiche, si presentano amabilmente nei confronti della gente in occasione delle collette. Qualcuno fra loro, al termine dell’esperienza, impugna la penna e scaraventa su carta le forti emozioni provate nell’entrare in contatto con la precarietà del vivere.
Nel vuoto educativo odierno, aiutare chi ha bisogno è un gesto dal preminente valore educativo, che va a colmare le lacune di relazioni e affettività ferite dal grigiore di cemento e display.