I carabinieri del Comando provinciale di Cosenza, con il coordinamento della Procura, hanno eseguito in varie località italiane, un provvedimento di custodia cautelare – in carcere e ai domiciliari – emesso dal gip nei confronti di 49 persone.
Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanza stupefacente e, alcuni, di delitti in materia di armi, contro la persona ed il patrimonio. L’indagine ha portato a 47 arresti, 22 in carcere e 27 ai domiciliari con braccialetto elettronico. Sulla base di quanto emerso i militari hanno sgominato una rete capillare trafficanti e spacciatori di ingenti quantitativi di cocaina, eroina, marijuana e hashish. Il giro di stupefacente avveniva tra Cosenza e in altre città della provincia, anche con l’ausilio di stranieri operanti stabilmente sul territorio cosentino da anni, un numero elevatissimo di consumatori di sostanza stupefacente e, infine, oltre 400 episodi di cessione di droga.
In tale contesto, secondo l’accusa, è emblematica la vicenda di una donna posta ai domiciliari per aver posto in essere, in diverse occasioni, un’attività di approvvigionamento di sostanze stupefacenti nell’interesse del figlio, impossibilitato all’epoca dei fatti a recarsi dai fornitori poiché sottoposto ad un provvedimento restrittivo emesso nell’ambito di un altro procedimento penale.
Nel corso dell’attività di indagine sono stati arrestati in flagranza di reato 10 indagati e sono stati sequestrati diversi quantitativi di marijuana, cocaina, eroina e hashish. Al fine di documentare la fiorente attività di spaccio, posta in essere dagli indagati in modo incessante anche nel periodo dell’emergenza Covid, i carabinieri della Stazione di Cosenza Centro, oltre all’ascolto di oltre centomila conversazioni, telefoniche ed ambientali, hanno proceduto all’escussione di circa 300 assuntori di sostanze stupefacenti che, confermando i rispettivi acquisti, hanno puntellato il quadro accusatorio emerso nei confronti dei destinatari del provvedimento
cautelare.
Alcuni indagati, inoltre, anche confidando sulla disponibilità di armi da fuoco, hanno anche realizzato atti di intimidazione ai danni dei rispettivi “clienti” per costringerli al pagamento dello stupefacente ceduto.
Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanza stupefacente e, alcuni, di delitti in materia di armi, contro la persona ed il patrimonio. L’indagine ha portato a 47 arresti, 22 in carcere e 27 ai domiciliari con braccialetto elettronico. Sulla base di quanto emerso i militari hanno sgominato una rete capillare trafficanti e spacciatori di ingenti quantitativi di cocaina, eroina, marijuana e hashish. Il giro di stupefacente avveniva tra Cosenza e in altre città della provincia, anche con l’ausilio di stranieri operanti stabilmente sul territorio cosentino da anni, un numero elevatissimo di consumatori di sostanza stupefacente e, infine, oltre 400 episodi di cessione di droga.
In tale contesto, secondo l’accusa, è emblematica la vicenda di una donna posta ai domiciliari per aver posto in essere, in diverse occasioni, un’attività di approvvigionamento di sostanze stupefacenti nell’interesse del figlio, impossibilitato all’epoca dei fatti a recarsi dai fornitori poiché sottoposto ad un provvedimento restrittivo emesso nell’ambito di un altro procedimento penale.
Nel corso dell’attività di indagine sono stati arrestati in flagranza di reato 10 indagati e sono stati sequestrati diversi quantitativi di marijuana, cocaina, eroina e hashish. Al fine di documentare la fiorente attività di spaccio, posta in essere dagli indagati in modo incessante anche nel periodo dell’emergenza Covid, i carabinieri della Stazione di Cosenza Centro, oltre all’ascolto di oltre centomila conversazioni, telefoniche ed ambientali, hanno proceduto all’escussione di circa 300 assuntori di sostanze stupefacenti che, confermando i rispettivi acquisti, hanno puntellato il quadro accusatorio emerso nei confronti dei destinatari del provvedimento
cautelare.
Alcuni indagati, inoltre, anche confidando sulla disponibilità di armi da fuoco, hanno anche realizzato atti di intimidazione ai danni dei rispettivi “clienti” per costringerli al pagamento dello stupefacente ceduto.