Valore, valori, valorizzare: quanti significati per tre parole?

Dieci anni di riforma Franceschini per un settore sempre più devastato

“Più valorizzazione!”. Questo il mantra che in Italia si sente ripetere, con una certa ciclicità, da quando i beni culturali hanno cominciato a essere visti come fonte di guadagno per le comunità con cui si identificano. Beni, appunto. La loro accezione di “cose preposte a soddisfare un bisogno” rischia di far eccedere il profitto economico su quello prettamente culturale.

In prima linea, sul fronte della consapevolizzazione nei confronti della cittadinanza, troviamo schierato da decenni l’archeologo Carlo Pavolini. All’attività di scavo e alla docenza universitaria ha saputo associare una significativa produzione di testi sul tema. Testi politici; perché le battaglie combattute in favore della civiltà sono sempre un fatto politico, per definizione.

In prima linea, sul fronte della consapevolizzazione nei confronti della cittadinanza, troviamo schierato da decenni l’archeologo Carlo Pavolini. All’attività di scavo e alla docenza universitaria ha saputo associare una significativa produzione di testi sul tema. Testi politici; perché le battaglie combattute in favore della civiltà sono sempre un fatto politico, per definizione.

La pretesa di problematizzare gli eventi e di indicare nuove vie tale rimarrebbe se non fosse fondata su una solida base conoscitiva, a seguito di una formazione completa e perseguita sul campo. Il suo ‘Quale valorizzazione’, edito nel 2023, rappresenta una summa scorrevole e leggibile dei recenti episodi che non possono evitare di interrogare le nostre sensibilità.

Dieci anni fa, accompagnata da incauti proclami su tutti i mezzi di informazione, veniva varata una riforma dell’allora Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – oggi Ministero della Cultura – , firmata da Dario Franceschini. Fu l’inizio della fine. Quel primo provvedimento e quelli successivi, opera del ministro che più a lungo di qualsiasi altro ha gestito la cultura nel nostro Paese, hanno avuto effetti a cascata ampiamente prevedibili e tempestivamente segnalati da chi di dovere.

La tutela del patrimonio archeologico, artistico e monumentale è stata indebolita, e il nuovo assetto amministrativo-organizzativo ha creato un’inutile confusione fra enti. Lo spirito di partenza era tuttavia lodevole: il settore, vetusto, andava riformulato e adeguato al dinamismo del mondo odierno. Le vecchie soprintendenze, dalle competenze separate, andavano unificate in un’unica struttura, suddivisa in dipartimenti e focalizzata sulla collaborazione.

Intenzioni lodevoli, laddove però il risultato le ha bellamente tradite: le soprintendenze, già in difficoltà per carenza di personale, si sono trovate depauperate, e le competenze degli enti si sono sovrapposte l’una all’altra, un incomprensibile marasma di ulteriori lungaggini burocratiche.

Non si contano le follie della riforma, dallo smembramento degli archivi alla segmentazione degli scavi. È mai possibile che, in una stessa area archeologica, diversi enti abbiano giurisdizione in base alle fasi cronologiche, con il conseguente frazionamento dei reperti rinvenuti e la loro inevitabile decontestualizzazione? Non si taccia, poi, dei discutibili metodi di reclutamento, spiccatamente partigiani, per la dirigenza dei luoghi con autonomia speciale, serio danno per i luoghi ordinari.

La sede nostrana dell’Archeoclub d’Italia, di fronte a questioni così impellenti, nella persona della sua presidente Anna Murmura ha dunque organizzato la presentazione del libro presso la Libreria Cuori d’inchiostro, invitando per lunedì 13 maggio oltre all’autore anche l’archeologa Maria Teresa Iannelli, ex direttrice del Museo Archeologico Nazionale famosa per aver difeso strenuamente il territorio da scempi e brutture. Un meritorio appuntamento inserito ne Il Maggio dei Libri del Centro per il Libro e La Lettura.

A chi lamentava la troppa tutela, rispondiamo con l’autentico valore da rintracciare nei beni culturali: aumento della conoscenza e dello spirito critico. Espressione dei valori etici e morali di chi li ha prodotti, la loro monetizzazione non ne è che una conseguenza. Valgono da se stessi di un valore mai quantificabile.

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