Visita archeologica alle Mura greche, monumento adottato dal Morelli-Colao per il 2025

Otto classi del Liceo classico e del Liceo artistico hanno riempito il viale del sito, tappa di un progetto annuale a esso dedicato

Autopsia. Solo il greco antico, retaggio culturale che la civiltà europea si porta appresso, sa svelarcene il significato: “visione diretta”, conoscenza non filtrata dei fatti.

In un sopralluogo autoptico si sono impegnate e impegnati gli studenti di alcune prime e seconde classi provenienti dall’Istituto d’Istruzione Superiore Morelli-Colao, convenuti stamattina presso le Mura greche di Hipponion sotto la guida delle proprie insegnanti. Lo stage di orientamento al valente passato vibonese, afferente al progetto del Piano triennale dell’offerta formativa ‘La scuola adotta un monumento’ – iniziativa nazionale della Fondazione Napoli Novantanove – , era già stato annunciato nel mese di ottobre dal dottor Maurizio Cannatà, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, nell’Aula Magna “Carlo Diano” del Liceo Classico Michele Morelli.

In un sopralluogo autoptico si sono impegnate e impegnati gli studenti di alcune prime e seconde classi provenienti dall’Istituto d’Istruzione Superiore Morelli-Colao, convenuti stamattina presso le Mura greche di Hipponion sotto la guida delle proprie insegnanti. Lo stage di orientamento al valente passato vibonese, afferente al progetto del Piano triennale dell’offerta formativa ‘La scuola adotta un monumento’ – iniziativa nazionale della Fondazione Napoli Novantanove – , era già stato annunciato nel mese di ottobre dal dottor Maurizio Cannatà, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia, nell’Aula Magna “Carlo Diano” del Liceo Classico Michele Morelli.

Alle e ai funzionari del Castello svevo, e ugualmente al dottor Michele Mazza – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia – , la cittadinanza tutta è grata per l’ostinata tenacia nel garantire a ogni costo un’apertura, sia pur occasionale in tempi di non bella stagione, del cancello che proietta sul Golfo di Sant’Eufemia gli echi confusi di battaglie all’ultimo sangue e mal tentate espugnazioni. Uniche testimoni sopravvissute, poche e anonime pietre di una dimenticata cinta muraria.

La referente Maria Concetta Preta, supportata da Laura Sardanelli e con il coadiuvo delle professoresse Stellina Cosentini, Concetta Maria De Pascale, Vania Continanza, Maria Rita Chiaravalloti, Federica Geraci, Maria Giuseppina Marino, Anna Profiti e Irene Galati, ha accompagnato il corpo studentesco là dove archeologhe e archeologi sogliono trascorrere intere giornate tra pale e taccuini. È stato lo stesso direttore ad accogliere la comitiva nei pressi del sito, felice di dare compimento alle promesse annunciate nel contesto di ‘ArcheoVibo’ e non nascondendo l’immane fatica di individuare la quadra nelle difficoltà burocratiche affrontate quotidianamente.

Grazie all’Università degli Studi di Messina, cui compete la cura degli scavi in programma per il nuovo anno, si è potuto toccare con mano il lavoro delle figure professionali addette allo studio delle tracce materiali giunteci, volenti o nolenti, in eredità. Secondo i princìpi e i valori dell’archeologia pubblica, chiamata a restituire metodi e risultati agli utenti che contribuiscono alla conduzione delle ricerche pagando le imposte, non può esservi comunità alcuna esclusa da un dialogo quasi personale con le fonti della Storia, patrimonio che è bene comune e va condiviso con qualsivoglia strato sociale della popolazione.

A maggior ragione chi frequenta l’istituto di istruzione superiore non a torto ritenuto il migliore al mondo, fiore all’occhiello italiano frutto degli illustri ministri Gabrio Francesco Casati e Giovanni Gentile, non ha il diritto di vedersene privato, quand’anche non fosse nell’immediato consapevole di quanto esperito. Comodo sarebbe stato, per le docenti in primis, limitarsi all’apprendimento in aula con lezioni frontali e libri sui banchi; ma recarsi nei luoghi vivifica le pagine stantie di testi datati, riportando alla realtà tangibile quanto rischierebbe di sfumare nell’indeterminatezza del mito.

Ai piedi di una porta della cortina furono rinvenuti copiosi proiettili in ferro, certuni ancora conficcati nei massi. Il fossato era protetto da pali acuminati per rallentare la corsa degli eserciti nemici, gli arcieri sostavano protetti in appositi spazi; lì, dove oggi l’abitante di Vibo Valentia del ventunesimo secolo indaga le radici da cui proviene.

Le mura elleniche hipponiati, al Trappeto vecchio, saranno ufficialmente adottate in primavera.

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