Quei metodi ’ndranghetisti in salsa piemontese bloccati dalla Dda di Torino

Inizieranno oggi gli interrogatori da parte dei magistrati per la convalida dei fermi. Tra le persone coinvolte anche esponenti dei clan del Vibonese

E’ un colpo duro quello assestato alla criminalità organizzata in Piemonte. L’area in cui il gruppo criminale operava era soprattutto quello di Carmagnola. Con l’intimidazione, l’omertà e la paura, offrivano servizio di “protezione” e di “recupero crediti”, che poi nel concreto si traduceva nel controllo di svariate attività economiche. Metodi ‘ndranghetisti in salsa pimontese.

L’inchiesta denominata “Factotum” ha permesso di sgominare un sodalizio di tipo mafioso, che ha portato al fermo indiziario di sei persone; era attivo su Torino e la cintura e controllava diverse attività economiche, dal settore edilizio a quello immobiliare, dai trasporti alla ristorazione. Emerge dall’inchiesta un coordinamento tra le varie locali del Torinese. Oggi inizieranno gli interrogatori per la convalida.

L’inchiesta denominata “Factotum” ha permesso di sgominare un sodalizio di tipo mafioso, che ha portato al fermo indiziario di sei persone; era attivo su Torino e la cintura e controllava diverse attività economiche, dal settore edilizio a quello immobiliare, dai trasporti alla ristorazione. Emerge dall’inchiesta un coordinamento tra le varie locali del Torinese. Oggi inizieranno gli interrogatori per la convalida.

Il “ministro” della ’ndrangheta

Tra i fermati Franco D’Onofrio che un pentito nel 2019 aveva definito il “ministro” della ‘ndrangheta in Piemonte. I militari lo hanno trovato nella sua abitazione a Moncalieri dove i militari hanno condotto una perquisizione alla ricerca di armi, denaro, droga.

Secondo gli inquirenti D’Onofrio, già implicato nell’inchiesta “Minotauro”, riguardante l’insediamento della ‘ndrangheta nel Torinese e in Piemonte, ex militante di Prima Linea condannato per banda armata, è un punto di riferimento sul territorio sia per le locali piemontesi sia per quelle calabresi che prima di agire chiedevano il suo consenso. Avrebbe partecipato a incontri della criminalità organizzata in cui venivano stabile alleanze e spartizioni del territorio.

Gli uomini dei Bonavota

Gli inquirenti temevano una fuga di D’Onofrio all’estero. Insieme a lui fermati Domenico Ceravolo, sindacalista della sezione edilizia della Cisl, prontamente sospeso dall’attività, accusato anche di aver favorito la latitanza di Pasquale Bonavota (boss di Sant’Onofrio). Antonio Serratore (anche lui ritenuto uomo dei Bonavota di Sant’Onofrio) appartenente alla locale di Carmagnola, Rocco Costa, imputato e assolto in Carminus e nuovamente accusato di essere membro della locale di Carmagnola, Claudio Russo, persona di fiducia dello stesso D’Onofrio e Giacomo Lo Surdo, in carcere per l’inchiesta su Cioccolatò. Tra loro esponenti della ‘ndrangheta calabrese e del clan di Sant’Onofrio.

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