Standing ovation al concerto di Giuseppe D’Aloi, fisicità musicale al servizio di tasti e martelletti

L'appuntamento più atteso della 'Settimana musicale' promossa a Vibo Valentia dalla meritoria Accademia Musikè

Una settimana fa questo giovane pianista nicoterese ha compiuto soli 29 anni. È consueto, in chi si affaccia alle soglie dell’adultità, sognare il proprio futuro in grande e con progetti quasi irrealizzabili. Ma a pochi, talenti, è dato di coronare le aspettative persino superandole.

Il suo ritorno a casa è stato festosamente celebrato da un recital pianistico che l’Accademia Musikè, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Vibo Valentia, ha organizzato presso il Palazzo Santa Chiara venerdì 6 settembre, nell’àmbito della ‘Settimana musicale’.

Il suo ritorno a casa è stato festosamente celebrato da un recital pianistico che l’Accademia Musikè, con il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Vibo Valentia, ha organizzato presso il Palazzo Santa Chiara venerdì 6 settembre, nell’àmbito della ‘Settimana musicale’.

Giuseppe D’Aloi, pianista, sin dai tre anni ha espresso passione nei confronti della musica, intraprendendo da subito gli studi per imparare a suonare il pianoforte e accedendo a undici anni al Conservatorio Statale di Musica Fausto Torrefranca, percorso concluso a venti anni con massimo dei voti e lode. La carriera accademica – che nel frattempo già lo aveva visto impegnato nell’arte della composizione, la quale gli stava fruttando prestigiosi riconoscimenti – è proseguita così all’Accademia di Musica Ignacy Jan Paderewski di Poznań, in Polonia, con una specializzazione in esecuzione pianistica, anch’essa conclusa con il massimo dei voti e la lode e grazie alla quale ha poi conseguito nella medesima istituzione un richiestissimo dottorato artistico, superando brillantemente una faticosa selezione, confluito infine nell’incisione del primo lavoro in studio.

La serata, oltremodo partecipata da un pubblico che ha riempito ogni poltrona della sala, è stata introdotta e coordinata nel suo prosieguo dalla professoressa Angela Crudo, insegnante di Musica e fondatrice dell’accademia vibonese che ora presiede.

Giuseppe ha saputo tenere l’aula gremita con il fiato sospeso dal preludio al congedo, magistralmente imponendosi con un savoir-faire che raramente si attribuirebbe a un pianista spoglio di decadi di carriera alle spalle. Il suo modo di interpretare il pianoforte si avvicina all’impiego del corpo proprio delle atlete e degli atleti, atti a una preparazione fisica che consente loro di gestirlo consapevolmente lungo l’intera esecuzione sportiva. E per altri versi è più simile invece al pittore espressionista, che mosso dall’impeto del momento si slancia in una pennellata qua e in una pennellata là. A colpire è l’accompagnamento che il respiro di Giuseppe fornisce alla proposizione dei brani, una compartecipazione emotiva del fiato che incarna sulla sua pelle i moti vibratori delle note. Non apre se non di rado gli occhi e la tastiera ce l’ha come impressa nella mente; forse mentre suona l’immaginazione gli fa figurare plastiche rappresentazioni delle storie evocate, di certo è quel che succede a chi lo ammira ascoltandolo. Non si contano i premi e le esibizioni presenti nel suo curriculum.

Il musicista, docente dell’Accademia Internazionale di Musica e Arte a Roma, è passato dal ‘Capriccio sopra la lontananza del suo fratello dilettissimo Bwv 992’ di Bach alla ‘Sonata n. 31 op. 110’ di Beethoven, per concludere con la ‘Fantasia op. 28’ di Mendelssohn-Bartholdy e la ‘Sonata fantasia n. 2 op. 19’ di Skrjabin. Una mazurca di Chopin è stata il bis non in scaletta concesso a una platea in piedi strepitante di applausi interminabili.

È di una singolare significatività che ad accogliere un tale concerto sia stata la sede di quello che mai vorremmo chiamare ex Sistema Bibliotecario Vibonese. La cultura, nella sua declinazione musicale, non cede alle latitanze politiche e non mostra di voler abbandonare a cuor leggero il palazzo.

Nicola Rombolà, presidente locale di Italia Nostra chiamato a suggellare l’evento, ha acutamente puntato sul concetto sempre più inevaso di armonia: armonia nella dissonanza del presente.

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