Calabria sotto inchiesta, il rumore dei blitz traumatizza gli onesti. La politica resta in silenzio

Le indagini della Guardia di Finanza, coordinate dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, mettono a dura prova la fiducia dei cittadini

È scoppiato qualcosa di profondo in Calabria. Non è stato solo il boato di un’inchiesta; l’ennesimo blitz i cui risultati, come sempre avviene in questi casi, camminano sul filo dell’incertezza. È una crepa che attraversa il palazzo della Regione, la politica, le istituzioni. E colpisce, ancora una volta – questa sì, è una certezza – la fiducia dei calabresi.

Il presidente Occhiuto

Prima le indagini che chiamano in causa direttamente il presidente Roberto Occhiuto, suoi amici ed ex soci. Poi i sequestri, da parte della Guardia di Finanza di Catanzaro, di atti, telefonini, computer e documenti, da un settore all’altro dell’amministrazione. Tutto legittimo, tutto doveroso. Ma il silenzio assordante della politica sta lasciando spazio a qualcosa di peggio: confusione, illazioni, sospetti. I media parlano, rilanciano, ipotizzano. Si “cibano” soprattutto dei nemici giurati del presidente. E molti (troppi) che magari da tempo aspettavano il momento per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, approfittano per avvelenare il clima. Si respira un’aria da resa dei conti. E intanto i calabresi, quelli veri, quelli che lavorano, che lottano, che subiscono, si chiedono: cosa sta succedendo? Dove stiamo andando?

Il disorientamento degli onesti

Chi è onesto si sente disgustato. Chi è giovane e vuole restare, è disorientato. Chi è stato costretto ad andarsene, guarda a questa terra come a un luogo dove il potere si protegge e la verità si nasconde. È questo il danno più profondo: non l’indagine in sé, ma la paura che tutto si trasformi nell’ennesima nebbia e nella terra dei misteri e dei sospetti. E in tutto questo, la politica dov’è? Il presidente Occhiuto – che non ha mai fatto mancare presenza sui social e sui media – ora tace o parla per frasi fatte. Prima si dice indignato, poi abbassa i toni. Ma mai, finora, ha parlato con franchezza ai calabresi. Nessuna conferenza stampa vera. Nessun confronto pubblico. Eppure ne avrebbe tutti i mezzi. Uno staff comunicativo lautamente pagato con soldi pubblici. E allora: perché questo silenzio? Perché questa distanza proprio adesso che servirebbe chiarezza?

Il diritto di sapere

I calabresi non sono sudditi da rassicurare. Sono cittadini che hanno diritto di sapere. Di sapere soprattutto se la Cittadella è sotto l’attacco della magistratura (e questo sarebbe grave e metterebbe paura a chiunque) oppure se il palazzo è abitato da un coacervo di corrotti e corruttori e allora è arrivato il momento di fare pulizia. E quando i poteri dello Stato – politica e magistratura – entrano in collisione, l’unica strada possibile è la trasparenza. Nessuno scontro, nessun insabbiamento, nessuna copertura. Ma luce, fatti, verità.

La magistratura indaghi, vada fino in fondo. Ma la politica parli. Subito. Si metta davanti al popolo calabrese e dica cosa sta accadendo. Lo faccia con rispetto, senza recite, senza paure. Perché se c’è corruzione, dev’essere estirpata. Ma se c’è anche solo l’ombra del sospetto, va affrontata. Non ignorata. Non è più il tempo delle mezze parole. O si sta dalla parte della verità o si è complici del buio. E se chi governa questa regione non ha nulla da temere, allora venga davanti ai cittadini. Apra le porte, i documenti, le scelte. Lo faccia ora.

Voci, paura e sfiducia

Perché ogni giorno che passa nel silenzio, alimenta voci, paure, sfiducia. E noi non possiamo più permetterci di perdere fiducia. Non possiamo lasciare che questa terra venga di nuovo sepolta dal sospetto, dallo scoramento e dalla fuga dei migliori.

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