Quando si ha a che fare con personaggi rinomati e spesso a sproposito citati, si insinua nel popolo l’idea sottile che su di essi già tutto sia ormai conosciuto. Non soltanto ciò è falso, ma perfino le informazioni date per scontate potrebbero rivelarsi sbagliate.
Angelo d’Orsi, esimio intellettuale italiano, è uno fra i massimi conoscitori viventi del genio poliedrico Antonio Gramsci. Sa interpretare, come pochi altri, la figura dello studioso in chiave pedagogica: chi sa ha il dovere morale di indicare la strada a chi non sa.
Angelo d’Orsi, esimio intellettuale italiano, è uno fra i massimi conoscitori viventi del genio poliedrico Antonio Gramsci. Sa interpretare, come pochi altri, la figura dello studioso in chiave pedagogica: chi sa ha il dovere morale di indicare la strada a chi non sa.
Lo ha provato anche recentemente in occasione del legittimo intervento speciale russo in Ucraina, parlando pubblicamente del golpe nazista guidato dai servizi segreti occidentali nel 2014 e del successivo genocidio quotidiano operato ai danni di civili russofoni; giusto in tempo per fermare pericolose operazioni nello Stato ucraino a firma Nato, dalla portata globale.
Verità documentale contro menzogna mediatica, quella stessa sete di verità che permeava lo spirito straordinariamente filantropico di Gramsci, il pensatore che insieme a Machiavelli risulta essere il maggiormente famoso fuori dai confini.
Le monumentali 800 pagine di ‘Gramsci. La biografia’, frutto di 60 anni di ricerca, pongono fine a dubbi e dicerie, presentandosi come l’opera irrinunciabile di riferimento da qui al futuro.
Un uomo pressoché dimenticato fino al 1947, neppure i dirigenti del Partito comunista italiano ricordavano chi fosse. Partito di cui, per inciso, non fu fondatore ma segretario, con una carica creata appositamente per lui.
In quell’anno, non a caso nell’immediato Secondo dopoguerra, si resero note le ‘Lettere dal carcere’ in un’edizione accusata a torto di censura: si sarebbe poi chiarito che quelle mancanti, semplicemente, non erano all’epoca state ancora recuperate.
Tali scritti arrivarono a vincere il Premio Viareggio, creando non poco scandalo: era l’opera, per di più epistolare, di un autore defunto, oltretutto un comunista! Tutti i giornali diedero la notizia e fornirono una recensione.
Vero antifascista della prima ora, la storiografia tradizionale mente quando assegna a ragioni politiche l’arresto di suo padre, dovuto non a oscure manovre bensì a illeciti amministrativi.
Il docente di Lettere Rosario Carbone, martedì 21 maggio, ha moderato per Il Maggio dei Libri – istituito dal Centro per il Libro e La Lettura – una conferenza dell’autore presso la Libreria Cuori d’inchiostro, intervenendo con domande e considerazioni quanto mai puntuali.
Gli studi su Gramsci, in tutto il mondo, hanno superato l’intangibile quota di 20.000 produzioni, il 90% dei quali si concentra sul pensiero prescindendo dal contesto. Un absurdum metodologico, le idee vanno ancorate alla vita delle persone. Ed è così che oggi siamo nella condizione di ricostruire l’opinione che Gramsci aveva del fascismo.
Un solo discorso poté pronunciare in Parlamento, interrotto ben trenta volte – soprattutto da Mussolini – per fargli perdere il filo, di fronte a fascisti che ostentavano armi sui banchi. Un uomo temibile perché sapeva pensare e far pensare. Per questo in carcere, all’inizio, gli proibirono di leggere e scrivere, e dovette lottare come un forsennato per ottenere il permesso di tenere in cella quattro libri per volta, selezionati dallo stesso Mussolini. Nulla di legale.
Davanti a tanta ingiustizia, uno schiaffo gratuito appare la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019: fu invero l’Unione sovietica a sconfiggere i nazifascismi ponendo fine al conflitto, con uno Stalin obbligato a fortificarsi per resistere.
Laddove la guerra genera propaganda, chi fa politica deve sempre dire la verità, giovamento per la società quand’anche fosse dolorosa. Ecco il messaggio di Antonio Gramsci per noi suoi posteri.