La riabilitazione dimenticata: come l’Azienda sanitaria di Vibo cancella i servizi essenziali e condanna i pazienti fragili all’abbandono

Nel nuovo piano sanitario provinciale spariscono due servizi fondamentali: una scelta incomprensibile che colpisce i più deboli e rivela la totale assenza di una programmazione seria

In una provincia che da anni vive sulla propria pelle il crollo progressivo della sanità pubblica, servirebbe almeno una programmazione chiara, coerente e rispettosa dei bisogni reali dei cittadini. Invece succede l’opposto: nel nuovo piano di riorganizzazione territoriale dell’Azienda sanitaria provinciale di Vibo Valentia scompaiono, letteralmente, due pilastri della riabilitazione estensiva. Non per scelta motivata, non per una revisione ragionata. Semplicemente… non esistono. A denunciarlo è Soccorso Capomolla, direttore sanitario del Don Mottola Medical Center di Drapia, che con una nota dettagliata mette in fila una serie di omissioni che non possono essere archiviate come un errore di distrazione, perché rompono l’intera architettura della presa in carico dei pazienti fragili.

Servizi fondamentali cancellati

Servizi fondamentali cancellati

Secondo la programmazione regionale, la provincia di Vibo Valentia dovrebbe garantire: la Riabilitazione estensiva a ciclo continuativo, ovvero quel percorso dedicato a pazienti reduci da un ictus, da interventi chirurgici importanti, da traumi, da patologie croniche complesse, che non possono essere lasciati soli tra la dimissione e il rientro a casa; la Riabilitazione estensiva a ciclo diurno, fondamentale per chi può essere seguito intensivamente durante la giornata senza necessità di ricovero. Questi due servizi non sono un optional: sono un obbligo stabilito dalla programmazione regionale, con numeri precisi da rispettare. Per Vibo sono previsti: 43 posti equivalenti per la riabilitazione continuativa; 37 trattamenti giornalieri per il ciclo diurno. Eppure, nel piano dell’Azienda sanitaria provinciale non compaiono. Nessuna riga. Nessuna previsione. Nessuna attivazione. È un vuoto che pesa come un macigno.

I numeri parlano chiaro

Capomolla cita un dato che dovrebbe far sobbalzare chiunque amministri questo territorio: 993 pazienti dimessi dagli ospedali vibonese nel solo 2023 avevano bisogno di continuità assistenziale in un setting riabilitativo adeguato. Dove dovranno andare ora? La risposta è semplice e drammatica: fuori provincia, fuori regione. E infatti la mobilità passiva – cioè i pazienti costretti a curarsi altrove – continua a divorare risorse: oltre 1,3 milioni di euro nel 2024; quasi 1,7 milioni nel 2025. Un fiume di denaro che scorre via, mentre la provincia resta a secco dei servizi essenziali.

Un piano che ignora i più fragili

Omettere due interi segmenti riabilitativi non è una leggerezza tecnica: è una scelta che provoca conseguenze pesantissime: si interrompe la continuità delle cure. Chi esce dall’ospedale rischia di essere abbandonato nel vuoto assistenziale. Aumentano i ricoveri impropri. Senza percorsi intermedi, i pazienti tornano nei reparti acuti “perché non si sa dove tenerli”. In buona sostanza si paralizzano gli Ospedali di Comunità, strutture che dovrebbero fungere da ponte tra ospedale e territorio. Si abbandonano 120 bambini e ragazzi con disturbi dello spettro autistico, per i quali l’offerta riabilitativa è oggi insufficiente, in parte privatistica, e soprattutto priva dei requisiti specialistici previsti. È così che nasce la disuguaglianza: non per dichiarazioni ideologiche, ma per scelte amministrative che tagliano fuori intere fasce di popolazione.

Programmazione che non programma

Il documento aziendale sembra ridurre l’intera riabilitazione a un generico aumento del 20% delle attività ambulatoriali. Un numero senza radici, senza criterio, senza corrispondenza con il fabbisogno reale. Nessuna quantificazione dei servizi domiciliari. Nessun collegamento con la rete territoriale. Nessun riferimento agli standard minimi. È l’equivalente sanitario di costruire una casa togliendo le fondamenta e sperando che resti in piedi.

Rivedere tutto e subito

Capomolla non usa mezzi termini: serve una revisione immediata della programmazione. Non un aggiustamento, non una nota integrativa: una riscrittura. Chiede: il riesame del piano territoriale; l’inserimento immediato della riabilitazione continuativa e del ciclo diurno; l’allineamento con la programmazione regionale; il coinvolgimento degli enti locali, delle organizzazioni professionali e dei portatori di interesse. In sostanza: fare ciò che avrebbe dovuto essere fatto sin dall’inizio.

Chi si assume la responsabilità?

Perché un territorio già devastato dallo svuotamento degli ospedali, dalla fuga dei medici e da servizi dimezzati non può permettersi altre omissioni. E soprattutto non può permettersi che la programmazione – strumento che dovrebbe correggere e ricostruire – diventi l’ennesima crepa di un sistema che continua a franare. Questo territorio ha bisogno di responsabilità. Ha bisogno di ascolto. E ha bisogno di essere trattato con dignità. Oggi, davanti all’ennesimo documento che dimentica i più fragili, è chiaro che la sanità vibonese non soffre solo per la carenza di personale: soffre per la mancanza di visione. E senza visione, non esiste futuro.

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