Dipendenti e familiari dei pazienti ricoverati nel ‘Medical Center don Mottola’ di Drapia tornano davanti alla Prefettura. Dopo mesi di inutile attesa e di impegni presi e non mantenuti tanto dall’Asp che dalla Regione, oggi 10 aprile 2025, a cominciare dalle ore 16 e in concomitanza con l’arrivo nell’Ufficio territoriale del Governo del presidente della Regione Roberto Occhiuto per un incontro con prefetto Aurora Colosimo, torneranno a far sentire la loro voce.
Diritti negati
Torneranno a ricordare allo stesso Occhiuto che una vertenza come la loro non può essere sminuita e marginalizzata perché in gioco ci sono il loro stesso futuro e il diritto alla salute di quaranta persone che da oltre due anni pagano di tasca propria cure a cui avrebbero diritto gratuitamente. Difficile capire se sono più arrabbiati i dipendenti oppure i caregiver. Gli uni e gli altri, in fondo, non chiedono altro che il rispetto dei propri diritti. Consentire a oltre cinquanta persone di guardare al loro futuro con serenità oppure garantire a quaranta malati il diritto di curarsi senza continuare ad attingere ai bilanci familiari ormai azzerati non significa togliere qualcosa a qualcuno, ma solo distribuire meglio le risorse che pure ci sono.
Figli di un dio minore
Comprensibile l’amarezza dei dipendenti che, grazie al lavoro del don Mottola, avevano messo su famiglia o si preparavano a farlo. Comprensibile anche lo sfogo di quanti puntano il dito, oltre che contro Asp e Regione, anche contro la politica e soprattutto contro i sindacati. “Per salvare il posto di trenta dipendenti dell’Asp – affermano – si sono mobilitati e hanno lavorato notte e giorno tutti quanti. Per tutelare il posto di oltre cinquanta dipendenti, età media 32 anni, e per garantire i diritti di quaranta malati e altrettante famiglie, non si muove nessuno. Siamo figli di un dio minore, ma ci difenderemo sino alla fine”. Una fine che, purtroppo, pare si stia avvicinando a grandi passi non solo per le barricate erette da chi dovrebbe, invece, spianare loro la strada, ma anche perché l’Asp, pur consapevole della situazione economica del ‘don Mottola’ di Drapia, avrebbe chiuso allo stesso anche i residui rubinetti ancora sgocciolanti.