Il Cinema Valentini e quegli attentati al suo proprietario: il costo del successo economico

Il geometra e imprenditore vide esplodere più bombe nei pressi della casa dove viveva con i familiari; ecco il movente

C’è un aspetto dell’esistenza che solitamente chi abita nei nostri territori proprio non digerisce. La scalata sociale all’inseguimento della realizzazione personale non viene perdonata,  né ora né mai. A costo della stessa vita.

A poco varrebbe rimembrare quanto il successo del singolo possa tradursi in sviluppo comunitario, o quanto le soddisfazioni collezionate dall’uno possano esprimersi in benefici apprezzabili dagli altri. Così non dovevano pensarla gli attentatori che più volte tentarono, nel 1972, di intimorire – se non di più – l’imprenditore locale Vincenzo Valentini, geometra di chiara fama.

A poco varrebbe rimembrare quanto il successo del singolo possa tradursi in sviluppo comunitario, o quanto le soddisfazioni collezionate dall’uno possano esprimersi in benefici apprezzabili dagli altri. Così non dovevano pensarla gli attentatori che più volte tentarono, nel 1972, di intimorire – se non di più – l’imprenditore locale Vincenzo Valentini, geometra di chiara fama.

Il 25 aprile, verso le 22:30, una bomba fu fatta esplodere davanti alla sua abitazione di Zammarò, posta nel muro di cinta del palazzo. E l’episodio venne a ripetersi pochi giorni dopo, la notte tra l’8 e il 9 maggio passata l’una. In tale circostanza l’ordigno al tritolo si trovava addirittura all’interno del palazzone di sua proprietà, sul davanzale di una finestra al piano terra. Una deflagrazione talmente roboante da essere avvertita nell’intero paese: la popolazione, grandemente intimorita, si catapultò nei pressi della casa per trascorrere lì le poche ore rimanenti sino all’alba. Lo spostamento d’aria causò lo scaraventamento della saracinesca nella stanza che proteggeva, e corpuscoli vari danneggiarono mobili antichi e quadri di valore. Non furono risparmiati gli edifici circostanti, che videro rompersi i vetri delle finestre – in alcuni casi queste e le porte di accesso uscirono dai cardini – . Quella notte, come sempre del resto, Valentini dormiva al piano superiore insieme con la moglie e i quattro figli, fortunatamente illesi.

Nessuno si era accorto di nulla, nulla di sospetto negli istanti precedenti. La pista delle intimidazioni politiche fu da subito scartata: pur essendo egli stato per diverso tempo sindaco del Comune, benvoluto per la verità grazie alle numerose opere pubbliche avviate, da almeno una decina d’anni aveva abbandonato il campo per dedicarsi al solo lavoro. Un mestiere ben gestito che seppe fruttargli introiti invidiabili, assicurandogli una posizione economica abbastanza solida rispetto alla media; il cinema di Vibo Valentia ne era un evidente esempio. Non è un caso se, nel periodo intercorso fra il primo e il secondo esplosivo, pare che il geometra avesse ricevuto telefonate anonime, talvolta notturne, con minacce esigenti cospicue somme di denaro, del calibro di trenta milioni di lire e non meno.

Qualsiasi vibonese conosce le spoglie sopravvissute del Cinema Valentini, ma ogni storia gloriosa nasconde, immancabili, pagine di chiaroscuri dai toni sgradevoli. La tentazione è quella di cancellarle dalla memoria, e tuttavia senza farne i conti non si risolvono le idiosincrasie dell’oggi.

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