Faceva molto parlare di sé, quando si esibiva nelle sale da concerto e nei teatri del territorio. Le testate locali non disdegnavano plaudenti commenti per esaltarne le notevoli qualità tecniche e artistiche, nonostante la giovane età.
Quel sabato sera in cui le fu concessa l’opportunità di suonare nel prestigioso Teatro di Catanzaro, capoluogo della provincia, il pubblico e la stampa sembrarono andare in estasi. Il Corriere Calabrese diede notizia dell’avvenimento, rendicontando con perizia la sequenza di brani eseguiti al pianoforte.
Quel sabato sera in cui le fu concessa l’opportunità di suonare nel prestigioso Teatro di Catanzaro, capoluogo della provincia, il pubblico e la stampa sembrarono andare in estasi. Il Corriere Calabrese diede notizia dell’avvenimento, rendicontando con perizia la sequenza di brani eseguiti al pianoforte.
Di fronte a una platea copiosa e selezionata, quattro furono i difficilissimi pezzi proposti. L’ouverture dello spettacolo fu affidata a un ‘Capriccio’ di Costantino Palumbo, compositore italiano: un’opera delicata che richiede agilità e grazia nell’esecuzione, ma Elena si mostrava talmente a proprio agio da dare l’idea di scherzare sulla tastiera. Nessuno sforzo e nessun movimento strano nelle braccia o nelle mani; una naturalezza che faceva invidia ai più automatici gesti che compiamo senza pensare. Il sèguito vide intonata la ‘Serenata del don Giovanni’, trascrizione del mozartiano ’Deh, vieni alla finestra’ frutto del lavoro del compositore ungherese Henri Ketten: qui la viva emozione della pianista si trasferì senza soluzione di continuità all’uditorio, con la leggiadria ed eleganza che contraddistingueva la nostra ottocentesca concittadina. Il ‘Gran valzer in la minore’ del compositore polacco Fryderyk Chopin – nella versione del didatta italiano Beniamino Cesi – accompagnò poi le signore e i signori accorsi verso l’esito della serata: brio, vivacità e calore per una melodia ballabile e armoniosa; Elena quasi era catapultata in un altro mondo, volava su quei tasti che con tanta scioltezza batteva. In chiusura, un ‘Capriccio’ di Joachim Raff, compositore tedesco: gioiellino conclusivo dalla non scontata interpretazione, tutt’altro che i classici esercizi cui sogliono limitarsi apprendiste e apprendisti a una tale età.
Che poi il pianoforte in causa non fosse chi sa quale prodigioso strumento, era cosa risaputa. Purtroppo per lei fu costretta a servirsi di uno oltremodo mediocre, eppure la sua maestria non ne trasse che un insperato giovamento, a conferma della capacità sopra la media.
Non le tributeremmo gli onori dovuti se comunque non ricordassimo la causa di un simile successo. Alle sue spalle si nascondeva il rinomato maestro Fermo Marini, autore di variegate opere cameristiche, sacre, sinfoniche e bandistiche. Diresse l’Istituto di Musica annesso all’Orfanotrofio di Monteleone e la Filarmonica della città, con allieve e allievi abituati a esibirsi pure nel nostro compianto teatro. Elena Gentile, oggi totalmente sconosciuta, fu perla preziosa di eccellenza e spensieratezza fra miseria e povertà diffuse.