C’è mancato poco, una parola in più e ancora oggi staremmo a discuterne. Le cronache della città ci riportano un acceso diverbio, non sfociato in altro, intercorso fra due pesi massimi della nostra cultura passata. Proprio per questo il peggio si è saputo evitare.
Siamo a fine Ottocento. Il professor Eugenio Scalfari, sommo intellettuale monteleonese a cui dobbiamo la scoperta del nome greco Hipponion, insegnava sia presso l’allora Liceo Filangieri – attualmente sede del Convitto Nazionale – sia privatamente per chi ne avesse bisogno. All’attività di docenza classicistica affiancava la professione di giornalista, dirigendo il settimanale ‘L’avvenire vibonese’, “periodico politico-amministrativo-letterario”. In un anonimo giorno di gennaio, durante l’uscita delle classi da scuola, il preside si permise di volgersi sgarbatamente nei suoi confronti, insultandolo in un corridoio dell’istituto senza alcuna motivazione apparente. Sarà stato lo stress, sarà stata la confusione, sarà stato un malinteso. Di certo Scalfari non poteva trattenersi dal replicare con almeno altrettanta veemenza, per poi lasciarlo di sasso andandosene sdegnato. La collera era alle stelle e ne furono testimoni i suoi amici, con cui si confidò soddisfatto subito dopo. L’adrenalina era talmente tanta da spingerlo a stendere, a mo’ di vendetta, un violento articolo per il proprio giornale, indirizzato a pubblica lettura. Ma alla tempesta seguì la quiete. A mente calma, una volta recuperata la lucidità perduta, si ritrovò di fronte a un’invettiva troppo pesante per un povero padre di famiglia, segnato dai numerosi anni alle spalle. Quelle righe feroci non meritavano neppure di essere scritte, e in nome di una umana compassione strappò quel foglio e lo gettò nel cestino. Il pentimento sopraggiunto coinvolse anche l’averci così a lungo pensato; solo la rabbia incontrastata aveva potuto trasformarlo in un iracondo smisurato.
Siamo a fine Ottocento. Il professor Eugenio Scalfari, sommo intellettuale monteleonese a cui dobbiamo la scoperta del nome greco Hipponion, insegnava sia presso l’allora Liceo Filangieri – attualmente sede del Convitto Nazionale – sia privatamente per chi ne avesse bisogno. All’attività di docenza classicistica affiancava la professione di giornalista, dirigendo il settimanale ‘L’avvenire vibonese’, “periodico politico-amministrativo-letterario”. In un anonimo giorno di gennaio, durante l’uscita delle classi da scuola, il preside si permise di volgersi sgarbatamente nei suoi confronti, insultandolo in un corridoio dell’istituto senza alcuna motivazione apparente. Sarà stato lo stress, sarà stata la confusione, sarà stato un malinteso. Di certo Scalfari non poteva trattenersi dal replicare con almeno altrettanta veemenza, per poi lasciarlo di sasso andandosene sdegnato. La collera era alle stelle e ne furono testimoni i suoi amici, con cui si confidò soddisfatto subito dopo. L’adrenalina era talmente tanta da spingerlo a stendere, a mo’ di vendetta, un violento articolo per il proprio giornale, indirizzato a pubblica lettura. Ma alla tempesta seguì la quiete. A mente calma, una volta recuperata la lucidità perduta, si ritrovò di fronte a un’invettiva troppo pesante per un povero padre di famiglia, segnato dai numerosi anni alle spalle. Quelle righe feroci non meritavano neppure di essere scritte, e in nome di una umana compassione strappò quel foglio e lo gettò nel cestino. Il pentimento sopraggiunto coinvolse anche l’averci così a lungo pensato; solo la rabbia incontrastata aveva potuto trasformarlo in un iracondo smisurato.
Il curioso accidente è un’utile dimostrazione di quella che i Romani denominavano pietas: l’insieme dei doveri che ciascun essere umano è chiamato a praticare a beneficio dei propri simili. Un’attenzione attuabile unicamente se l’animo è ben disposto a provare affetto e devozione verso i familiari e le istituzioni. Eugenio Scalfari ha tramutato in realtà quotidiana i valori fondativi della cultura umanistica.