Un gran passo in avanti era stato l’avvio dell’istruzione di massa in tutta Italia dopo l’unificazione nazionale, ma al più erano labili tentativi di imporre una scuola dell’obbligo non pienamente funzionale all’abbattimento di un tasso estesissimo di analfabetismo.
A fine Ottocento di nulla poteva lamentarsi Monteleone, se paragonata agli altri territori del Paese: le scuole, di norma, funzionavano e bene. Ve n’erano peraltro abbastanza, tuttavia anche una sola sarebbe stata sufficiente se in grado di migliorare le condizioni intellettuali e morali del popolo.
A fine Ottocento di nulla poteva lamentarsi Monteleone, se paragonata agli altri territori del Paese: le scuole, di norma, funzionavano e bene. Ve n’erano peraltro abbastanza, tuttavia anche una sola sarebbe stata sufficiente se in grado di migliorare le condizioni intellettuali e morali del popolo.
Una nota stonata era purtroppo il caso del Liceo, a parte le rare eccellenze che mai mancano in ogni tessuto sociale. Pur vantando professori di invidiabile caratura, i risultati degli allievi lasciavano alquanto a desiderare; loro, figli di una generazione che non aveva ancora gustato la fortuna di poter studiare, mamme e papà dall’infima quando non inesistente cultura scolastica. Per le vie e nei caffè della città quei giovinetti erano soliti farsi avvistare, sicché era pure il buon senso a mancare nelle famiglie di provenienza, con tutta evidenza. Se i genitori non li obbligavano a rimanere in casa per espletare i compiti e non sorvegliavano sulle loro perdite di tempo, come pretendere che avessero poi voti soddisfacenti? Assenze gratuite e bocciature inevitabili erano più frequenti del normale.
Ma pure gli istituti elementari lasciavano un poco a desiderare, nonostante i lauti fondi provenienti dal Municipio. I maestri del tempo, retribuiti comunque non con paghe d’oro, non sembravano avere la competenza di impartire proficuamente lezioni ai propri scolari, bambini costretti a stare tra i banchi e per tale motivo non imputabili di alcun assenteismo ingiustificato.
Qualche pensatore propose così, essendo il problema di livello più statale che locale, una soluzione da esporre all’approvazione dei lettori: perché non sottoporre i docenti a nuovi esami, in modo da verificare che almeno fossero in possesso delle conoscenze da insegnare? Quanto invece a Monteleone, il suggerimento congiunto era l’estensione a un controllo continuativo dell’attività di sovrintendenza cui sottomettere le aule scolastiche. Per assicurarsi della bontà del lavoro svolto dagli insegnanti, doveva essere irrinunciabile eseguire una vigilanza infaticabile; e anzi, più che un ispettore, quasi quasi un altro direttore ci voleva, fisso e stabile in ciascun istituto, pronto a intervenire alla bisogna. I fanciulli si lasciavano andare al baccano o non volevano saperne di trascrivere un dettato, e subito il direttore sarebbe entrato in classe per ammonire e ristabilire l’ordine, dall’alto della sua autorità.
Che fossero utopiche visioni o concreti rimedi, non è dato sapere. Di fronte all’insipienza degli enti, la responsabilità è sempre del singolo – o di chi ne fa le veci… – .