Il giorno dell’inaugurazione pareva degno di un lastricato imperiale destinato a segnare la Storia per sempre; le vibonesi e i vibonesi avevano finalmente a disposizione la più bella strada della città, tutta nuova di zecca.
Di quell’idea originaria oggi ben poco rimane. Il 1967 vedeva sorgere, sul lato nordorientale del Comune e al di fuori del centro storico, la “panoramica” di Vibo Valentia, secondo le primigenie intenzioni un lungo tratto di viabilità immerso nel verde e lontano dallo stressante inquinamento acustico del traffico urbano, un locus amoenus votato a passeggiate serene e salutifere. Qualcosa dovette in tutta evidenza andare storto, se invece l’esperienza quotidiana ci tradisce un flusso ininterrotto – non meno la notte – di vetture che sfrecciano a spaglio in un senso e nell’altro; da periferico viale per pedoni a principale arteria di collegamento tra due strade statali.
Di quell’idea originaria oggi ben poco rimane. Il 1967 vedeva sorgere, sul lato nordorientale del Comune e al di fuori del centro storico, la “panoramica” di Vibo Valentia, secondo le primigenie intenzioni un lungo tratto di viabilità immerso nel verde e lontano dallo stressante inquinamento acustico del traffico urbano, un locus amoenus votato a passeggiate serene e salutifere. Qualcosa dovette in tutta evidenza andare storto, se invece l’esperienza quotidiana ci tradisce un flusso ininterrotto – non meno la notte – di vetture che sfrecciano a spaglio in un senso e nell’altro; da periferico viale per pedoni a principale arteria di collegamento tra due strade statali.
Dietro il progetto della sua costruzione troviamo il locale Lions Club, il quale voleva in tal modo auspicare, in linea con i princìpi fondativi, la venuta della pace in mezzo ai popoli dell’intero globo. L’ideologia del lionismo, teorizzata sulle macerie della Prima guerra mondiale, si basa infatti sull’azione di donne e uomini di buona volontà che si impegnano a cooperare per inseguire i valori della solidarietà, della fratellanza e dell’amicizia, promuovendo un interesse concreto per il bene civico, culturale, sociale e morale delle comunità.
Come altrove in tempi di boom economico, la faccenda era essenzialmente la tutela del bello dall’assalto del cemento: l’ispettore Vincenzo Nusdeo, pur adoprandosi fino allo sfinimento, poco riusciva a ottenere, e i palazzi spuntavano a mo’ di funghi deteriorando la suggestiva vista panoramica che proiettava “il giardino sul mare” sul paesaggio siciliano. Fu per ciò che il Viale della Pace già a inizi anni Settanta si ritrovava malamente dissestato, con un fondo stradale rovinato perché pieno di buche. Come se non bastasse, gli operai delle case in edificazione ammassavano pietrisco e terriccio nei pressi dell’erba alta e nessun addetto della competente Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo, né dei restanti enti territoriali, si apprestava a eradicarla.
Rispettabilmente il Lions Club si era addossato il compito di avviare l’alberatura con la posa a dimora di numerosi pini, tuttavia questa rimase a metà per diverso tempo e neppure si garantiva un’illuminazione totale del percorso. Fusti che permangono a costeggiarlo, ma in misura molto minore a confronto con i desiderata di partenza.
La colpa, neanche a dirlo, era di tutti e di nessuno: dell’Amministrazione comunale; anzi no, di quella provinciale; macché, dell’Azienda nazionale autonoma delle strade. E la soluzione trovata fu altrettanto fantasiosa, con la positura di un innocuo cartello “strada dissestata” per allertare passanti imprudenti.