Vibo Valentia e la cultura, rapporto mai mite: i due filosofi e l’elezione mancata

Accoglienze diverse a Monteleone per il defunto Bertrando Spaventa e per il candidato Francesco Fiorentino

Tra il marzo e l’aprile del 1883 circolavano per la città alcune schede di sottoscrizione inviate dalla Campania. Il cortile dell’Università di Napoli, non ancora intitolata a Federico II, attendeva di essere arricchito da un nuovo busto in marmo, opera di Stanislao Lista.

Era da poco passato a miglior vita, infatti, il filosofo Bertrando Spaventa, maggior interprete italiano dell’hegelismo e sostenitore di una sua riforma; a lui il merito di aver sprovincializzato la nostrana tradizione del pensiero, ponendola in stretta relazione con le grandi figure europee. In suo onore e in sua memoria le persone a lui più vicine, sparse lungo tutta la Penisola, avevano inaugurato l’iniziativa della scultura, desiderando posizionarla a fianco di un Giordano Bruno collocato al livello inferiore appena dopo l’unificazione del Paese e realizzato da Pietro Masulli. Proprio il Risorgimento aveva reso possibile e preparato, per Spaventa, la filosofia moderna in Italia, grazie alla liberazione della ragione dalle briglie della sottomissione. La scelta per la positura del ritratto non era casuale: già gli si riconosceva un primato nella divulgazione degli studi bruniani, al di qua e al di là delle Alpi.

Era da poco passato a miglior vita, infatti, il filosofo Bertrando Spaventa, maggior interprete italiano dell’hegelismo e sostenitore di una sua riforma; a lui il merito di aver sprovincializzato la nostrana tradizione del pensiero, ponendola in stretta relazione con le grandi figure europee. In suo onore e in sua memoria le persone a lui più vicine, sparse lungo tutta la Penisola, avevano inaugurato l’iniziativa della scultura, desiderando posizionarla a fianco di un Giordano Bruno collocato al livello inferiore appena dopo l’unificazione del Paese e realizzato da Pietro Masulli. Proprio il Risorgimento aveva reso possibile e preparato, per Spaventa, la filosofia moderna in Italia, grazie alla liberazione della ragione dalle briglie della sottomissione. La scelta per la positura del ritratto non era casuale: già gli si riconosceva un primato nella divulgazione degli studi bruniani, al di qua e al di là delle Alpi.

Il discorso commemorativo spettò a un intellettuale ben noto nella Monteleone del tempo, il filosofo calabrese Francesco Fiorentino, il quale seppe distinguersi per i contributi storiografici e succedette per volontà unanime al compianto professore abruzzese. Questo professionista, che era docente di spicco nel primo Ateneo del Regno e che ci era invidiato all’estero, non aveva trovato però fortuna dalle nostre parti… Nell’autunno dell’anno precedente, l’hegeliano di area moderata si era candidato nel Collegio elettorale di Monteleone-Nicastro, spinto dagli insigni borghesi Ettore Capialbi ed Enrico Gagliardi, convinti di una sua buona presa sugli uomini di rilievo locali. Conosceva l’antica Hipponion, dove aveva peraltro studiato da giovane, tuttavia la gente del posto non aveva premiato il suo impegno e non gli aveva permesso di essere promosso. Nonostante avesse incentrato i comizi sulle questioni sociali, non era riuscito a trovare duemila elettori desiderosi di esserne rappresentati in Parlamento. Fiorentino si inquadrava nel disegno politico avanzato anche dal fratello di Bertrando, il deputato Silvio, atto a una conciliazione fra gli schieramenti. Nei suoi discorsi si intravedono alti ideali e indicazioni pratiche forse troppo vicine al mondo intellettuale: il suo discorrere poteva sembrare lontano da quello del popolo.

I monteleonesi probabilmente neppure avevano idea di chi avessero di fronte. Se si tratta di apporre il proprio assenso per tributare un’opera marmorea, nessun problema; ma quando dal fare concreto ci si trasporta all’astrazione dell’agire politico, disorientati ci si muove più per conoscenze personali e sensazioni di pancia.

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