Il vino a Vibo Valentia nell’Ottocento: un territorio pieno di vigneti ma incapace di produrne

Niente vino né formaggi di pregio a causa di un'atavica arretratezza nei metodi e tecniche agricole, sinché non accadde qualcosa

Niente manifattura, niente commercio. Solo coltivazioni nel comprensorio di Monteleone, ma un’agricoltura ben arretrata per la verità, non soltanto a livello competitivo per il mercato di allora quanto a facoltà di sfamare tutte le bocche in ciascuna famiglia.

A fine secolo i nostri lavoratori della terra erano ancora abituati a scavare utilizzando aratro e marra delle generazioni precedenti. Le tecniche adoperate, nonostante i progressi degli ultimi decenni, non erano minimamente avanzate, più da queste parti che altrove.

A fine secolo i nostri lavoratori della terra erano ancora abituati a scavare utilizzando aratro e marra delle generazioni precedenti. Le tecniche adoperate, nonostante i progressi degli ultimi decenni, non erano minimamente avanzate, più da queste parti che altrove.

Il frumento persisteva a essere trebbiato, nella fase della battitura, con una grande pietra piatta trainata dagli animali, così da rivoltare parecchie volte le spighe ed eliminare la paglia con forche di legno ammucchiandola al centro dell’aia, esposta al sole, con i rastrelli; nel frattempo, la paglia veniva rivoltata più volte con i forconi e ci si assicurava che l’eventuale collaborazione dei buoi non ne inficiasse la mondezza con la caduta di escrementi. Nella fase poi della spulatura si dipendeva tuttora dalla presenza del vento, necessario per pulire il mucchio di grano lanciandolo in aria con pale o forche, di modo da far volare via la leggera paglia e far cadere in terra i maggiormente pesanti chicchi; un metodo a dir poco grossolano, a fronte di innovazioni meccanizzate avviate già a inizio secolo.

Con tali difficoltà era inevitabile che, pur disponendo di vigneti e pascoli abbondanti e prosperosi, non si fosse in grado di generare buoni vini e formaggi. E alle necessità si andava aggiungendo l’ignoranza delle scienze agricole: ci si ostinava a voler seminare, disperdendole per sempre, tutte le specie vegetali ovunque sperando che attecchissero, e provocando invece la miseria in cui il popolo versava.

Una svolta avvenne però nell’agosto del 1883, quando venne espletata una pratica relativa all’acquisto della coltura Casuscelli per l’impianto di un orto a vantaggio dell’Istituto agrario. La notizia riaccese gli animi di chi da tempo sognava la fondazione di una valente Scuola di agricoltura con annessa Scuola di enologia. La nuova generazione di coltivatori doveva voltare le spalle a quelle pratiche obsolete e controproducenti, gettando lo sguardo su un riscatto significativo per l’intera città e dintorni. L’istituto, che per motivazioni varie non aveva in passato assolto al proprio dovere di formare studenti più preparati dei genitori, stava forse rinascendo grazie all’intervento degli ex proprietari del podere.

L’exploit della produzione e dell’esportazione vinicola a Vibo Valentia è storia molto più recente, con una ripresa e uno sviluppo databili alle decadi a cavaliere fra Novecento e Duemila. Una tradizione da conoscere evitando di celare al pubblico ombre e passi falsi degli anni addietro.

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