Mercati temporanei di carne e pesce ormai definitivi per le vie della città: quale soluzione?

Il puzzo regnava sovrano e la sporcizia invadeva gli abitanti, ma a nessuno sembrava interessare la soluzione del problema

Sembrava esistere un adagio a Monteleone, ma in verità pare sussistere ancora oggi nella moderna Vibo Valentia: il temporaneo e il definitivo sono sinonimi, o – per meglio dire – il temporaneo sfuma nel definitivo divenendo immutabile per sempre.

Centocinquanta anni fa già da tempo si sentiva l’esigenza di assegnare alla vendita della carne e del pesce un luogo al chiuso. La concessione provvisoria di consentirla all’aria aperta non si era mai declinata in un provvedimento risolutivo. Eterno problema che andava a toccare il decoro urbano.

Centocinquanta anni fa già da tempo si sentiva l’esigenza di assegnare alla vendita della carne e del pesce un luogo al chiuso. La concessione provvisoria di consentirla all’aria aperta non si era mai declinata in un provvedimento risolutivo. Eterno problema che andava a toccare il decoro urbano.

I funari, fabbricanti di funi per le imbarcazioni, si erano visti chiudere dal Comune il locale situato in via Scesa della pietà, un ampio spazio che con una risibile spesa poteva essere ricoperto di un tetto sicuro e adibito proprio alla funzione orfana di una sistemazione. Quel locale, di fatto una grotta appartata ma comunque vicina al centro, con la sua perenne frescura rappresentava la migliore occasione per impedire a macellai e pescivendoli di perpetuare il deturpamento della città. Le principali strade e piazze non erano mica state costruite per tale funzione!

Il tonno si smerciava in Piazza dell’erba, laddove gli altri prodotti ittici si acquistavano in Piazza della corsea e in Piazza del maio: ben tre rivendite di solo pesce, in un piccolo borgo come il nostro. Per non parlare degli animali scuoiati, trasportati in bella vista lungo le vie insozzandole di sangue. La grotta, per contro, era ubicata nei pressi della fontana che ospitava il mattatoio.

La questione riguardava certamente una mancanza estetica ai danni della cittadina erede di una plurimillenaria vicenda storica più che invidiabile, epperò oltremodo cogente si presentava l’urgenza di norme igieniche da rispettare per il mantenimento della salute pubblica. Vivere costantemente nell’olezzo di pesce morto e a stretto contatto con carcasse sanguinanti espone a malanni di vario genere; e di sicuro non si addice a una moderna società civile.

Di fronte a cotante considerazioni l’Amministrazione del tempo si rivelò totalmente sorda, quando non caparbiamente ostile, trovando nel giovanile ‘Il Primo Passo’ una valvola di sfogo, pur rimanendo nell’anonimato. Così l’ultimo arrivato sul piano editoriale fu ritenuto l’unica cassa di risonanza per le posizioni dei potenti, i quali fingevano di ignorare quegli illustri giornali che con notevole acribia si scomodavano nella denuncia dei misfatti monteleonesi.

Insistere nella lordura, alla lunga, finisce per soffocare pure l’animo umano. Se anche per natura aspiriamo al bello, non è troppo peregrina l’eventualità di rassegnarci a quanto ci fa stare male. Dentro e fuori di noi.

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